La rivoluzione a Napoli e il Sanfedismo: alla riconquista del Regno Borbonico


Il sanfedismo è stato un movimento controrivoluzionario del Sud Italia, sviluppatosi alla fine del XVIII secolo. Il movimento si faceva promotore della “restaurazione” dell’autorità monarchica borbonica nel Regno di Napoli, dopo la caduta del suddetto per l’instaurazione della Repubblica Napoletana.

Prima di parlare del termine in sé, però, bisogna partire dal principio; siamo nel 1789, a cavallo del nuovo secolo l’Europa è scossa da un evento che si mostrerà di portata planetaria: la rivoluzione francese. Quattro anni dopo l’inizio della rivoluzione il re di Francia, Luigi XVI viene processato e decapitato.

I regnanti europei tremano dinanzi ad un’insurrezione di quella portata, e Maria Carolina, moglie di Ferdinando I di Borbone (che al tempo aveva le redini dell’intero regno) decise di sopprimere i moti rivoluzionari che stavano per giungere anche nel Sud Italia utilizzando violenti metodi repressivi. L’instabilità politica della penisola e le soluzioni adottate dai Borbone posero campo fertile alla futura insurrezione.

La campagna d’Italia di Napoleone Bonaparte ha inizio, e nel 1798 le truppe francesi si attestano a Roma. I regnanti borbonici, che al tempo avevano un forte ed ambiguo legame con la marina britannica, decisero, anche sotto consiglio dell’ammiraglio Horatio Nelson, di preparare l’esercito per la riconquista di Roma. Oltre 116.000 soldati napoletani, sotto la guida del generale austriaco Karl Mack, partirono per l’impresa di riprendere Roma, ma la campagna venne affossata da una serie di rovinose sconfitte, che lasciarono campo libero alla conquista del Regno di Napoli ai francesi, con la disgregazione dell’esercito napoletano.

Eleonora Piemontel Fonseca, giornalista e rivoluzionaria napoletana.

Nacque a quel punto la Repubblica Napoletana, sotto la guida di Carlo Lauberg (originario di Teano) e consiglio di Eleonora Pimentel Fonseca, quest’ultima donna di carisma, dedita alla causa rivoluzionaria e giornalista de “Il Monitore Napoletano”, un celebre giornale di propaganda rivoluzionaria. La Repubblica, nei cinque mesi di governo, cercò di emanare una serie di riforme realmente rivoluzionarie, che tuttavia non trovarono appoggio da parte del ceto basso della popolazione, altresì vessata dalle truppe napoleoniche, specialmente nelle aree di provincia, ove gli ideali della repubblica non riuscivano a fare leva sulla massa – quella Napoletana fu una rivoluzione a metà, forzata, perché non partecipativa dei milioni di contadini meridionali che si ritrovarono privi di una reale guida.

Questa confusione generale venne sfruttata dal Cardinal Fabrizio Ruffo, che proclamò la creazione dell’Armata Cristiana e Reale (l’esercito Sanfedista) che raccolse in pochissimo tempo numerosissimi proseliti, spinti dalla fede e dal desiderio di destituire l’esperienza rivoluzionaria. Inutile che dire che tra le armate dei sanfedisti sciamarono criminali della peggior specie, che consumarono atti di violenza gratuita su tutto il territorio meridionale, fino all’arrivo a Napoli.

Cardinal Fabrizio Ruffo

Il Cardinale Ruffo prese, negli anni a venire, il governo del Regno, solo per essere nuovamente spodestato, nel 1805, da una nuova invasione francese. Il problema di quella rivoluzione non fu tanto dato dalle mancate riforme (che anzi, vennero proposte, prima tra tutte l’abolizione del feudalismo, che vesserà il meridione per molti anni a venire) ma per la mancata partecipazione popolare all’insurrezione, che fu l’elemento chiave della mancata riuscita di quell’esperienza, altresì positiva.

L’esercito Sanfedista guidato da Fabrizio Ruffo sotto la veglia di Sant’Antonio, litografia dell’epoca.

Fonti

– Benedetto Croce, Storia del Regno di Napoli

– Mario Forgione, I Dieci anni che sconvolsero Napoli


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