Cappella Sansevero, la leggenda della costruzione: quando la Madonna salvò un carcerato


Scrigno di bellezza nel cuore del centro storico di Napoli, la Cappella Sansevero (detta anche chiesa di Santa Maria della Pietà o Piatatella) è oggi un tempio d’arte più che religioso, visto che attualmente risulta sconsacrata. A consacrarla, però, nei secoli, come uno dei fiori all’occhiello dell’intero panorama culturale partenopeo e non solo, le inestimabili opere d’arte in essa conservate (su tutte il Cristo Velato), ma anche la leggenda che avvolge la sua costruzione.

 

Cappella Sansevero: storia e mito

Secondo il racconto di Cesare D’Engenio Caracciolo, presente all’interno dell’opera “Napoli sacra“, infatti, il mito di Cappella Sansevero nasce a partire dal 1590, quando la Madonna sarebbe apparsa sul muro di cinta del giardino del palazzo dei Di Sangro, nei pressi di San Domenico Maggiore, dove appunto sorge il sacello. La Vergine si sarebbe manifestata a un uomo che stava per essere condotto in carcere.  Egli promise alla Vergine di donarle una lampada d’argento e un’iscrizione, qualora fosse stata riconosciuta la propria innocenza: scarcerato, l’uomo tenne fede al voto. L’immagine sacra divenne allora meta di pellegrinaggio, dispensando molte altre grazie.

Tra queste quella che permise a Giovan Francesco di Sangro, duca di Torremaggiore, di guarire da un grave malanno che lo affliggeva. Miracolato, per gratitudine fece innalzare, lì dove era apparsa per la prima volta la venerabile effigie (oggi visibile in alto sull’Altare maggiore), una “picciola cappella”, denominata Santa Maria della Pietà o Pietatella. Fu però il figlio di Giovan Francesco, Alessandro di Sangro, patriarca di Alessandria, che intraprese nei primi anni del ’600 grandi lavori di trasformazione e ampliamento, modificando l’originario sacello in un vero e proprio tempio votivo, destinato a ospitare le sepolture degli antenati e dei futuri membri della famiglia.

Cappella Sansevero e Raimondo di Sangro

Il resto della costruzione è soprattutto opera del genio sregolato di Raimondo di Sangro, settimo principe di Sansevero. Benedetto Croce lo descrive come “l’incarnazione napoletana del dottor Faust […] che ha fatto il patto col diavolo, ed è divenuto un quasi diavolo esso stesso, per padroneggiare i più riposti segreti della natura”. In effetti, oltre ad essere stato concepito come luogo di culto, il mausoleo è anche un tempio massonico carico di simbologie, che riflette le passioni e gli studi di Raimondo di Sangro, committente e allo stesso tempo ideatore dell’apparato artistico settecentesco della Cappella e di tutte le statue ivi istallate.


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