Un nuovo museo di 10mila mq a via Toledo: da Caravaggio a Gemito, le opere che ospita


Un nuovo museo a via Toledo. Negli spazi dello storico edificio del Banco di Napoli è stata trasferita la collezione permanente di Napoli – Gallerie d’Italia precedentemente ospitata a Palazzo Zevallos, tra cui spicca il Martirio di Sant’Orsola di Caravaggio. Diecimila metri quadri di esposizione con reperti e manufatti che spaziano dall’antichità della Magna Grecia fino all’arte contemporanea. Per festeggiare la nuova apertura, sabato 21 e domenica 22 maggio l’ingresso gratuito anche senza prenotazione, che però è consigliata.

Il nuovo museo Napoli – Gallerie d’Italia nel palazzo del Banco di Napoli

Grazie ai nuovi spazi, più ampi dei precedenti, sono stati messi in mostra reperti e opere prima non visitabili. La nuova sede delle Gallerie d’Italia di Napoli presenta tre importanti itinerari espositivi, con opere appartenenti al patrimonio storico-artistico di Intesa Sanpaolo: l’arte napoletana dal XVII secolo al XX secolo, col capolavoro assoluto delle collezioni Intesa Sanpaolo, il Martirio di sant’Orsola di Caravaggio, la raccolta di ceramiche attiche e magno-greche, per la prima volta allestita nella sua interezza, e un’importante selezione di opere del Novecento.

Da Caravaggio a Gemito

Le opere della collezione permanente sono presentate all’interno di tre itinerari tematici. Al primo piano, nella sezione del museo curata da Fernando Mazzocca, è proposta una selezione di dipinti e sculture che offre un’antologia in grado di tratteggiare, a grandi linee, un profilo delle vicende salienti della pittura a Napoli e in ambito meridionale dagli esordi del Seicento ai primi decenni del XX secolo. La raccolta già esposta a Palazzo Zevallos Stigliano è integrata e ampliata da significativi capolavori, alcuni di recente riscoperta.

Martirio di Sant’Orsola, Caravaggio

Il percorso prende idealmente avvio dal capolavoro assoluto delle collezioni Intesa Sanpaolo, il Martirio di sant’Orsola, ultima tela di Caravaggio realizzata nel maggio del 1610, poche settimane prima della morte. Nel nuovo allestimento, il confronto con altri capolavori della prima metà del XVII secolo permette di collocare l’opera all’interno del contesto artistico e culturale connesso alla rivoluzione caravaggesca, che in particolare a Napoli determina una svolta decisiva nelle esperienze figurative degli artisti operanti nella capitale del viceregno spagnolo in quegli anni.

Spiccano tra le opere esposte Giuditta decapita Oloferne di Louis Finson, da un perduto originale ancora di Caravaggio, Sansone e Dalila di Artemisia Gentileschi, tre tele di Bernardo Cavallino, una Sacra famiglia di Battistello Caracciolo, San Francesco di Assisi riceve le stigmate di Gerrit van Honthorst, il San Giorgio di Francesco Guarini, il Ratto di Elena di Luca Giordano. I dipinti di natura morta contano due preziosi Sottoboschi di Paolo Porpora e tele di Giuseppe Recco e Giovan Battista Ruoppolo che danno conto della rilevante presenza di questo genere nelle collezioni dei ricchi committenti e collezionisti presenti a Napoli nel Seicento.

Il percorso prosegue con le opere di veduta e paesaggio, genere che ha avuto a Napoli uno sviluppo straordinario tra Sette e Ottocento, a partire da sei dipinti dell’olandese Gaspar van Wittel, considerato uno degli iniziatori del vedutismo moderno e attraverso opere di Franz Ludwig Catel, Anton Smink Pitloo, Giacinto Gigante, Nicola Palizzi, Domenico Morelli, Federico Rossano, Edoardo Dalbono, Gioacchino Toma, Francesco Mancini, Vincenzo Migliaro, in una selezione che permette di seguire l’eccezionale vicenda di un genere declinato in successive fasi sperimentali, che hanno reso la Scuola Napoletana all’avanguardia in Europa. Dalla Scuola di Posillipo, dove matura la grande eredità del paesaggismo del Grand Tour, si approda al naturalismo legato alla pratica en plein air della Scuola di Resina, sino alle esperienze più individuali di fine secolo. Una successiva sezione consente di puntare l’obiettivo sulla rappresentazione della città attraverso gli interni degli edifici monumentali, le strade e le scene di vita moderna che avvenivano negli spazi della socialità, come l’ippodromo, la villa comunale e il mercato.

Una raccolta di disegni e sculture di Vincenzo Gemito forma uno dei nuclei più importanti del celebre artista “scugnizzo”: un insieme di altissima qualità di terrecotte, bronzi e disegni che, dagli anni Settanta dell’Ottocento agli anni Venti del secolo successivo, documentano la straordinaria parabola artistica di Gemito. Un percorso intrecciato con il dramma personale di un’esistenza minata da profondi squilibri psichici, che comportano lunghe interruzioni dell’attività creativa.

Ceramiche attiche e magno greche

L’itinerario, curato da Fabrizio Paolucci, presenta per la prima volta al pubblico nella sua interezza la storica Collezione Caputi appartenente a Intesa Sanpaolo, formata da oltre 500 vasi e altri reperti realizzati ad Atene, in Apulia e in Lucania tra il V e il III secolo a.C, provenienti da Ruvo di Puglia, centro nella provincia di Bari che rivestì un ruolo politico, economico e culturale molto rilevante in Magna Grecia. La raccolta di vasi attici e magnogreci è composta da reperti che appartenevano probabilmente a un’unica necropoli dell’antica Ruvo di Puglia, nell’attuale provincia di Bari. Le ceramiche, che forniscono una significativa testimonianza della cultura e dell’arte della Grecia d’Occidente, furono prodotte tra VI e III secolo a.C. nei laboratori dell’Italia meridionale – in Apulia e Lucania – o importate da Atene. Costituivano beni di prestigio scelti per ricchi corredi, collocati nelle sepolture dell’aristocrazia apula. Sono per lo più contenitori per cibi, liquidi, unguenti che, all’utilità pratica, uniscono un alto valore artistico, dato dalle scene pittoriche a figure rosse o nere dipinte sui manufatti. Capolavoro della collezione è la kalpis attica del Pittore di Leningrado (V secolo a.C.), sul cui fregio è rappresentata un’officina ceramica, con artigiani e una giovane donna intenti nella decorazione di vasi. La costituzione della raccolta si deve all’iniziativa dell’arcidiacono Giuseppe Caputi, di cui era noto l’impegno civico nella Ruvo ottocentesca, che a partire dagli anni Trenta di quel secolo iniziò a recuperare e conservare i vasi dipinti venuti alla luce nei fondi di sua proprietà.

Il nuovo allestimento consente di avvicinare i reperti al loro contesto di produzione e riferimento culturale, ponendoli in dialogo con le collezioni del Museo Archeologico Nazionale di Napoli, di cui un nucleo significativo è costituito da esemplari provenienti proprio dagli scavi a Ruvo di Puglia.

Il progetto espositivo dedicato alle ceramiche presenta inoltre la valorizzazione a rotazione di specifici reperti, selezionati nell’ambito di progetti scientifici che propongono il confronto con importanti manufatti in prestito dal MANN o da altre istituzioni museali italiane ed estere.

Il Novecento

Un’infilata di sale che affacciano su via Toledo ospita, sullo stesso piano, il secondo itinerario: una selezione di opere dalla collezione d’arte del XX secolo di Intesa Sanpaolo, curata da Luca Massimo Barbero, che costituisce un suggestivo percorso attraverso accostamenti cronologici che dal dopoguerra giungono fino al contemporaneo. La selezione dedicata al Novecento raccoglie opere di autori centrali all’interno dell’esperienza artistica del tempo, con speciale interesse verso Napoli e l’ambiente culturale della città, che ancora oggi intrattiene un fervido rapporto con artisti, gallerie e collezionisti della scena moderna e contemporanea. Tra i principali nomi sono da citare Lucio Fontana, Alberto Burri, Piero Manzoni, Mario Schifano, Jannis Kounellis, Sol LeWitt, Afro, Ernesto Tatafiore. Alcune sale di questa sezione sono dedicate ad accogliere iniziative di carattere temporaneo, concepite in un’ottica di dialogo e confronto, per armonie e dissonanze, con le opere della collezione permanente.


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