Siamo sinceri, a noi Napoletani sfidare la sorte è sempre piaciuto. Il gioco del lotto è sempre stata un’istituzione, tanto da ispirare la fantasia dei nostri antenati attraverso la nascita di riti sacri o profani. Molti sapranno che tal gioco è anche detto “delle zitelle”, appellativo legato alla sua variante più arcaica, per alcuni aspetti diversa da quella attualmente diffusa.
Diversamente da come si possa pensare, il lotto nasce a Genova nel XVI secolo e denominato”giuoco del seminario”, trattasi di una vera e propria simulazione elettorale dove la puntata si basava sui nomi di 120 cittadini, rispetto ai quali ne erano estratti 5. La febbre del gioco si diffuse presto sino a dare vita nella Torino del XVII secolo al “Lotto delle zitelle”.
I numeri questa volta erano associati al nome di 100 ragazze di bassa estrazione sociale, le 5 fortunate avrebbero ricevuto 100 lire da versare in dote al momento del matrimonio. Il “Lotto delle zitelle” ottenne presto il benestare del re Carlo Emanuele II, il quale iniziò ad occuparsi personalmente di stilare la lista delle 100 poverelle. Le estrazioni erano fissate quattro volte l’anno e ben presto ne furono indette numerose altre in via “eccezionale”, al fine di finanziarie le opere più svariate: beneficenza, opere artistiche, ospizi, insomma ogni occasione era quella giusta per puntare. Oltre ad alimentare gli entusiasmi popolari, il gioco ingrossava anche le finanze pubbliche, la rigida regolamentazione iniziò ad individuare specifici esercenti, i quali dietro corresponsione di imposta ne avrebbe esercitato la licenza. Il 10% del prezzo del biglietto era versato nelle casse del governo, e la febbre del gioco garantì in più di un’occasione il risanamento del debito pubblico.
Nel corso del tempo il lotto ha assunto l’attuale struttura, fino a configurarsi così come lo conosciamo. Nonostante il lotto sia nato altrove, è intimamente associato alla città partenopea perché i napoletani hanno saputo rendere proprio tale culto, rivestendolo folklore e simbologia, basti pensare alla “smorfia”, all’associazione dei sogni ai numeri, dove ogni elemento onirico può essere quello giusto per “indovinare” i numeri vincenti.