La Camorra nei temi dei bambini: “Non la odio perché ci protegge tutti”


Le uniche cose a cui un bambino dovrebbe pensare sono lo studio e il gioco, due diritti innegabili ma che ancora oggi i bambini di alcune realtà del mondo vedono negati. Una di queste è Napoli, dove ci sono alcuni fanciulli che non conoscono la spensieratezza dell’infanzia e già da piccoli hanno a che fare con la malavita.

Un po’ di tempo fa il giornalista partenopeo Enzo Ciaccio, raccolse in un articolo alcuni temi scritti da bambini che hanno raccontato e dato la propria opinione sulla Camorra. Parole e frasi che lasciano trapelare tutta la sofferenza e il senso di smarrimento di chi vive nei rioni difficili della città. Ed è così che Carminuccio, di 12 anni che abita a Torre Annunziata, nei pressi del rione delle Carceri regno del clan Gionta, scrive che ha paura più dei carabinieri che dei camorristi, “perché sono cattivi: arrivano di notte, bussano alla porta di casa e si portano via il mio papà che sta in pigiama e non gli danno neanche il tempo di fare la pipì“.

Rosario, di 9 anni, ha scritto che suo fratello di poco più grande ricorda che “quella sera che il boss di Scanzano, rione bunker dei camorristi nel cuore più antico di Castellammare di Stabia, ordinò che fossero spente tutte le luci del quartiere in segno di lutto per la morte di un amico. Era buio in strada e nelle case e tutti i bambini, invece di guardare la televisione, furono spediti a letto più presto del solito“. Parole che fanno rabbrividire quelle che si leggono nei temi dei figli dei boss: “La camorra è una cosa bruttissima – ha scritto il figlio di un noto camorristae io vorrei che neanche esistesse“.

Tiziana frequenta la terza elementare e rassegnata scrive: “Alcuni bambini che vivono nelle famiglie dei camorristi diventeranno anche loro camorristi. E anche i figli dei loro figli“. Invece Biagio, 10 anni e mezzo e più combattivo, scrive: “Il mio quartiere si divide tra persone per bene e camorristi. Perciò andrei ogni giorno a chiamare la polizia, per far finire gli atti di camorra“.

Nei rioni a rischio anche il compito dei professori è più difficile, devono guidare questi bambini verso una vita più pulita e legale, ben lontana dalla realtà in cui vivono. Una preside fu minacciata perché “dava fastidio con i suoi continui richiami alla puntualità“. Un bambino fu scoperto con un’ascia nello zaino che gli serviva “per ammazzare un compagno, figlio di una famiglia rivale alla sua“. Ginetto, 8 anni invece ha scritto: “I boss camorristi si credono dei re, ma per me non sono nessuno. E non capisco quelli che li ammirano“.

Inquietante, invece, sono i temi di una scuola media nel quartiere Miano di Napoli, ai confini con Scampia. Amedeo, 12 anni, ha spiegato: “La camorra ci protegge. E chi paga il pizzo è protetto”. Antonio, 12 anni: “Io non odio la camorra… a volte penso che senza la camorra non potremmo stare perché ci protegge tutti… pure il fatto che tutti pagano il pizzo… non è giusto, ma chi paga resta protetto“. Alberto, 12 anni: “A Miano la camorra c’è e la conosciamo bene perché è una cosa che vediamo tutti i giorni… Molti ragazzi cominciano a spacciare a 13 anni, diventano più importanti e una volta che ci sei entrato non ne esci più. E se provi a uscirne, vieni ucciso“.

Ciò che emerge è uno scenario fatto di sofferenza e frustrazione, smarrimento e voglia di essere normali. Bambini e ragazzini che se da un lato crescono in famiglie criminali, dall’altro si confrontano ogni giorno, fortunatamente, con i continui messaggi di legalità che la scuola divulga.


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