A pochi giorni dalla storica ricorrenza del 24 agosto del 79 d.C., due geologi italiani lanciano un nuovo allarme che riguarda il Vesuvio circa una sua imminente eruzione. Giuseppe Mastrolorenzo e Lucia Pappalardo hanno pubblicato uno studio sulla rivista “Nature” ipotizzando una devastazione nel giro di qualche decennio.
Secondo i due vulcanologi esiste una sacca magmatica in grado di risalire in superficie dando luogo ad una eruzione, trovandosi ad una profondità di soli 10km tra il Vesuvio e i Campi Flegrei. Gli studiosi rincarano la dose affermando che dal 2000 al 2012 il suolo si sarebbe sollevato di circa 20/30 centimetri nell’area interessata.
Ancora una volta ci troviamo di fronte ad uno studio che in qualche modo ci mette in guardia sulla risaputa pericolosità di uno dei vulcani più pericolosi al mondo che abita in un’area nella quale vivono oltre 3 milioni di persone. I due studiosi sottolineano la necessità di istituire dei piani di emergenza adeguati per poter, in caso di calamità, salvare le vite umane.
E proprio riguardo al piano di evacuazione che ci tocca ancora una volta tirare le orecchie a chi governa le città a rischio. La Protezione Civile fa sapere che i piani esistono. Bene. Ma chi li conosce? La popolazione certamente no. Parlare di rischio Vesuvio inquieta e come, dalle nostre parti, sebbene riconosciuta la sua pericolosità, l’argomento assume i connotati di un tabù. Chi ne parla assurge, quasi, al ruolo di iettatore. Ma così non è e non deve essere.
Vivere ai piedi del Vesuvio significa fare concretamente i conti con una possibile calamità e prepararsi adeguatamente costituisce un’esigenza impellente. La popolazione va istruita, vanno fatte delle prove, ma prima di tutto è necessario eliminare quel velo di silenzio riguardo all’argomento. Parlare di rischio Vesuvio deve diventare la normalità.