Intervista esclusiva all’artista Jorit Agoch: “Ogni volto ha un segreto da raccontare”

Il murales di Jorit Agoch


Abbiamo avuto modo di sentire spesso parlare di lui nell’ultimo periodo. Con “Tutti i bambini delle periferie“, il murales di 10 metri realizzato su un palazzo di Ponticelli, prima e il volto di San Gennaro nel quartiere storico di Forcella poi, l’artista italo-olandese Jorit Agoch è riuscito a far parlare di sé e a far conoscere la sua passione, sia a livello locale che nazionale.

Il suo San Gennaro in versione “popolare” non ha potuto fare a meno di creare innumerevoli polemiche a causa della sua presunta somiglianza con un pentito della camorra, ma pare che al contempo, il “clamore mediatico” sollevatosi attorno alle figure di questo giovane ma talentuoso artista, abbia portato con sé anche un risvolto positivo, aumentando l’attrattiva turistica del quartiere disagiato in cui il volto del Santo patrono è esposto.

Spinti dalla curiosità verso l’artista e dal desiderio di approfondire una questione “spinosa” quale è oggi l’accettazione della street art, in Italia quanto all’estero, abbiamo rivolto a Jorit qualche domanda, con la speranza di conoscere qualcosa di più anche del suo personale percorso artistico.

D. Ciao Jorit, grazie per la disponibilità mostrata nel rispondere alle domande di questa intervista.
Dunque, nella tua biografia dichiari di concentrarti quasi esclusivamente sulla raffigurazione del volto umano. C’è qualche volto che, durante i tuoi viaggi, ti è rimasto più impresso?
R. “Sì, credo che il volto sia la parte che esprima più emozioni in assoluto, basta considerare che l’occhio umano percepisce i sentimenti dell’interlocutore grazie a movimenti millimetrici delle espressioni per capire l’importanza che ha per tutti noi. Tutti i volti hanno una sorta di magia in sé, qualcosa di speciale e di segreto da raccontare. Non credo riuscirei a sceglierne uno in particolare“.

D. Ti sei mai approcciato in passato, al di fuori degli studi in Accademia, a tecniche artistiche differenti? Come mai hai scelto di focalizzarti proprio sui graffiti?
R. “Ho iniziato a fare graffiti da adolescente e solo successivamente ho iniziato a studiare le tecniche pittoriche classiche quali pittura ad olio ed acrilico, prima da autodidatta, poi in Accademia.
Ho sperimentato un po’ tutto ciò che riguarda l’arte del disegno e della pittura, dal carboncino all’aerografo“.

D. A seguito di quali considerazioni scegli il luogo del tuo prossimo lavoro?
R. “Ci sono tantissimi festival e iniziative di street art in italia e in generale in giro per il mondo; le valuto e scelgo“.

D. Scegli sempre luoghi con cui hai un “legame”, che sia sentimentale, artistico o legato a qualche ricordo?
R. “Il legame lo cerco nella realizzazione dell’opera; non di rado il volto che dipingo è quello di una persona del posto. Cerco sempre di comprendere il contesto in cui sono calato e adattarmi al luogo in cui mi trovo“.

D. Cosa significa essere un artista di graffiti in un territorio come quello napoletano?
R. “Non è facile, per questo cerco di viaggiare e scoprire sempre posti nuovi“.

D. C’è qualche artista in particolare, nazionale o internazionale, che ha influenzato il tuo processo di maturazione artistica?
R. “Sì, sono stato influenzato molto dai graffiti artist Belin e Smug e dai grandi pittori del passato, in particolare i pittori del realismo per eccellenza, primo fra tutti Caravaggio“.

D. Come vorresti che il tuo Stato tutelasse la tua arte? Cosa suggeriresti affinché anche i graffiti possano essere considerata “Arte” a tutti gli effetti? Abbiamo letto inoltre che hai viaggiato molto. Qual è la considerazione che gli altri Stati hanno dell’arte dei graffiti?
R. “I graffiti sono difficili da tutelare, credo sia importante attuare piani di finanziamento per le opere di streetart, al fine di averne sempre di nuovi. In molti Stati sono visti in maniera positiva, in altri meno“.

D. È capitato che qualche tua opera venisse vandalizzata e completamente rovinata? Come hai reagito?
R. “Sì, purtoppo è capitato e capiterà ancora, ma credo sia anche questa la bellezza dei graffiti: sono soggetti alla critica e all’opinione altrui, costantemente sotto lo sguardo del mondo, ed è giusto che sia così“.

D. Qual è il ritratto a cui ti senti più legato, e perché?
R. “Sono molto legato a tutti i graffiti che ho realizzato, dai più conosciuti fino ai ritratti su tela commissionati ad hoc, per il tempo e l’impegno che ho messo in ognuno di questi. Non credo sarei capace di realizzare qualcosa se non ci credessi davvero“.


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