Nuovo studio sul fumo in gravidanza: ecco cosa accade al DNA del feto


Che fumare in gravidanza sia incredibilmente nocivo per il feto, oltre che per la madre, è risaputo: nessuna donna assennata si accenderebbe una sigaretta sapendo di essere in uno stato così delicato. Secondo una nota di Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei diritti” le conseguenze potrebbero essere ben più catastrofiche di quanto normalmente si creda, arrivando addirittura ad inficiare la genetica del nascituro.

Fumare durante la gravidanza, infatti, altera chimicamente il DNA del feto con effetti nocivi sul bambino, duraturi per diversi anni. La conferma arriva da uno studio internazionale pubblicato giovedì negli Stati Uniti, uno dei più ampi finora condotto sul tema. Questo studio pubblicato sull’“American Journal of Human Genetics”, suggerisce una possibile spiegazione del nesso trovato fra il fumo dalla madre mentre era incinta e problemi di salute del suo bambino. Nello studio, che è stato condotto su oltre 6000 donne e sui rispettivi neonati, le madri sono stati suddivise in tre categorie: “fumatrici”, che fumavano almeno una sigaretta al giorno durante la maggior parte della gravidanza (13%), “non fumatrici” (62%), e “fumatrici occasionali” (25%), ossia che durante la gravidanza fumavano solo sporadicamente o che avevano smesso l’abitudine nelle fasi iniziali della gestazione.

Per analizzare i livelli di metilazione del DNA dei neonati i ricercatori hanno raccolto campioni di sangue del cordone ombelicale prelevato immediatamente dopo il parto. Nei neonati delle fumatrici, i ricercatori hanno identificato 6073 punti in cui il DNA era interessato da fenomeni di metilazione diversi da quelli dei neonati di donne non fumatrici, influenzando l’espressione di circa 3000 geni. Alcuni dei geni interessati da queste modificazioni sono legati allo sviluppo dei polmoni e del sistema nervoso, a difetti di nascita come il labbro leporino e la palatoschisi, all’asma e ad altro ancora.

Alcune di queste modificazioni, che possono essere transitorie, erano ancora evidenti sei anni più tardi nei figli delle madri fumatrici. Per quanto riguarda le “fumatrici occasionali”, le analisi non hanno permesso di trarre risultati statisticamente significativi, probabilmente a causa dell’eterogeneità dei comportamenti del campione. “Nei neonati delle fumatrici sono stati osservati fattori epigenetici che agiscono sugli stessi geni colpiti dal fumo di sigaretta in un adulto – ha detto Stephanie J. London dei National Institutes of Health e coautrice dell’articolo – In questo caso abbiamo un’esposizione ematica al fumo: il feto non respira ma molte sostanze riescono ad attraversare la placenta.”


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