Allarme dell’Ispra: sostanze tossiche nella maggior parte delle acque italiane


Presentata stamane l’edizione 2016 del  “Rapporto Nazionale Pesticidi delle acque” dell’ Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale), relativa al livello di contaminazione delle acque italiane, facente riferimento al biennio 2013-2014. Dall’esito dell’analisi effettuata dall’istituto e relativa sia alle acque superficiali (fiumi, laghi, torrenti), che a quelle profonde e sotterranee, i pesticidi contaminerebbero il 63,9% delle nostre acque. In aumento rispetto alla precedente indagine, oltre al livello di contaminazione, anche il numero di sostanze trovate nei 3747 punti analizzati: 335 nel 2012; 365 nel biennio successivo.

Al centro di una polemica scientifica da quando è stato dichiarato “probabilmente cancerogeno” da parte dell’ Oms, il glifosate sarebbe la sostanza in maggiore misura presente nelle acque superficiali, insieme all’acido aminometilfosforico, suo derivato; a seguire triciclazolo, oxadiazon, metolaclor e terbutilazina.

L’ispra ha dichiarato i dati forniti dalle varie agenzie regionali, mettendo in evidenza come e quanto le coperture per la protezione dell’ambiente agiscano in maniera differente nel nostro paese: basti pensare, infatti, che alcuni dati relativi a regioni del centro-sud non sono mai arrivati; tra questi, quelli relativi a Molise e Calabria. Lombardia e Toscana, invece, avrebbero svolto analisi relative a glifosate e all’Ampa, soltanto in superficie. Ad ogni modo, a preoccupare l’istituto, è anche la presenza di pesticidi nel profondo delle falde acquifere, dove, ad oggi, si riscontra una diffusione molto elevata di inquinanti.

Ilfattoquotidiano.it ha domandato a Pietro Paris, coordinatore del Rapporto Pesticidi e responsabile del settore Sostanze Pericolose dell’Ispra, se bere l’acqua del rubinetto potesse rappresentare un problema. Questa la sua dichiarazione a riguardo: “Noi non facciamo monitoraggio dell’acqua che esce dal rubinetto ma di quella dei corpi idrici. Molto spesso però i prelievi per uso potabile attingono agli stessi corpi idrici che analizziamo. Quasi sempre dobbiamo ricorrere a sistemi di abbattimento e depurazione per poter immettere nel rubinetto acqua a norma, perché i corpi idrici superficiali e sotterranei sono inquinati. Un esempio? Il Po, che viene utilizzato abbondantemente per rifornire intere province con acqua da bere, che però devono depurare. Questo contrasta con il principio fondamentale alla base della Direttiva Quadro sulle Acque,la 60 del 2000, che dice che bisogna prevenire il ricorso all’abbattimento, cioè evitare di inquinare anziché andare a depurare. Quello in corso è un atteggiamento di emergenza fatto sistema”.

C’è bisogno, dunque, di dare il giusto peso al problema, non di poco conto. Conclude così, Paris: “Noi segnaliamo come sempre le problematiche ai ministeri competenti, in primo luogo quello della Salute, poi dell’Ambiente. Ma non abbiamo poteri di intervento e il nostro parere non è vincolante.” 


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