“Massimo Troisi era poco napoletano”: il delirio di Ettore Scola


Ieri sulle pagine del Corriere del Mezzogiorno è uscita un’intervista di Michele Ventrella a Ettore Scola, regista avellinese che ha lavorato con Massimo Troisi, incentrata proprio sull’attore nato a San Giorgio a Cremano, che si vorrebbe provvedere a denapoletanizzare. Ecco l’apertura: «Massimo Troisi? Mi ha conquistato con il suo essere poco napoletano, rifiutava come me i luoghi comuni sul meridione, la retorica, l’esagerazione e l’ostentata familiarità. Era un intellettuale perché sapeva regalare una risata impegnata e non diretta alla semplice evasione».

A meno che non sia l’ennesimo complice di chi tenta di privare Napoli di ogni positività, di ogni buon modello, forse Scola non lo sa, non ha capito che vuol dire essere napoletano, e argomenta la sua affermazione con parole vaghe e inesatte: non accettare i luoghi comuni sul Meridione è essere poco napoletano? A me non sembra, francamente, che i luoghi comuni sul Sud provengano da Napoli, anzi è Napoli proprio ad essere una vittima di quei luoghi comuni. La retorica, l’esagerazione, l’ostentata familiarità – a cosa faceva riferimento? La retorica circa cosa? L’esagerazione di che? L’ostentata familiarità con cosa? Sono termini che si possono utilizzare in qualunque modo, Scola non ha espresso un pensiero compiuto nella sostanza ma, stando così le cose, si deve per forza pensare che si è soltanto limitato a buttare lì una provocazione: il motivo non l’ho compreso, e a una persona che ha fatto quello che ha fatto lui, durante la sua bella carriera, non servono questi mezzucci per attirare l’attenzione.

Ettore Scola

Troisi al contrario, a mio avviso, rappresenta proprio una declinazione dell’essere napoletano, mantenendo tuttavia, e sfruttando, le sue caratteristiche personali: la timidezza per esempio, che non è un tratto tipico dello stereotipo del napoletano, è veicolo per le sue critiche sotto forma di battute – come detto già qualche settimana fa in un articolo in occasione della sua nascita, è un Pulcinella impacciato ma dall’intatta arguzia. Accanto all’essere un Pulcinella, c’è la questione della lingua, poiché Troisi si esprimeva soltanto in Napoletano: “è l’unico modo in cui so parlare, io penso in napoletano, sogno in Napoletano… voi dovete capire il Napoletano!” disse a Isabella Rossellini in una videointervista. E ancora il racconto degli aneddoti della sua infanzia, le critiche alla politica e ai potenti a difesa di Napoli e dei suoi abitanti, le amicizie con Pino Daniele e Maradona, la passione calcistica per il Napoli, facevano e fanno sì che il viso e il volto dell’attore richiamino alla mente senza possibilità di sfuggita la sua città: che doveva fare ancora Massimo Troisi per essere napoletano?


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