Il Mattino licenzia il direttore: tagli e troppe critiche verso il nuovo governo


Dal 2 giugno scorso è stato registrato un cambio ai vertici del giornale Il Mattino, con l’ormai ex direttore Alessandro Barbano rilevato dal vice-direttore della testata partenopea Federico Monga. La staffetta sembrerebbe essere arrivata senza preavviso, ma stando ai fatti non è così. Infatti, a fare chiarezza ci prova il Fatto Quotidiano che spiega come alla base di tutto ci sia l’opposizione di Barbano a quella che è una disposizione dirigenziale 297 del 9 marzo 2018 del Comune di Napoli. In sostanza, si tratta di un “permesso di costruire per un intervento di ristrutturazione edilizia” che porterà la storica sede di via Chiatamone 65, a diventare un piccolo centro commerciale con parcheggio interrato.

Questa nuova destinazione commerciale, rientrante in un piano ben più ampio di tagli, porterà il giornale partenopeo a trovare nuova ubicazione al Centro Direzionale e a diventare ulteriormente, per volontà dell’editore Caltagirone, solo una costola del romano Messaggero, perdendo quel ruolo da leader sulle questioni del Mezzogiorno a livello nazionale.

L’operazione immobiliare è stata richiesta da due finanziarie che fanno parte del Cda di Caltagirone spa che rilevò il palazzo di via Chiatamone nel 1997 dal Banco di Napoli, poi confluito in una delle società satelliti del gruppo. Il Mattino, i cui bilanci presentano una passività di circa 3 milioni di euro, ha negli ultimi anni fatti diversi tagli, soprattutto di personale, e questo cambio di sede, pur facendo registrare movimenti di danaro all’interno dello stesso gruppo, porterà ad un ulteriore e inevitabile impoverimento.

Ma non solo motivi “gestionali” dietro l’addio di Barbano, sempre franco e mai morbido su quelle che sono state le ultime vicissitudini politiche dell’Italia. Nel suo ultimo articolo, con il quale si è congedato dai lettori de Il Mattino, ha ribadito le sue posizioni, scrivendo: “Durante questo periodo la crisi del Paese è andata sempre più coincidendo con la crisi del suo racconto. E cioè con l’imporsi di una retorica che ha svuotato di senso le parole su cui si fonda il patto civile tra rappresentati e rappresentanti, tra cittadini e istituzioni. Così sfuma ogni differenza tra le élite e la casta… Allo stesso modo è possibile dichiarare l’impeachment del capo dello Stato e il giorno dopo recarsi al Colle per un colloquio privato, senza che ciò abbia alcuna conseguenza apparente sulla qualità delle relazioni istituzionali. Ciò vuol dire che più le parole sono forti, meno valgono“.

A una babele di parole irrilevanti è ridotta la politica – ha continuato – La tattica detta i tempi e occupa gli spazi di una dialettica pubblica caduta in un’impasse permanente, senza esiti né direzione. La tattica ci consegna dopo tre mesi di trattative un governo che lega in un contratto due radicalismi, ma ci consegna anche l’urgenza di una pedagogia civile capace di rieducare la società. È in questo momento che si sente la mancanza di un pensiero moderato, in grado di persuadere i cittadini, con la stessa efficacia del populismo, che la democrazia non è solo utile e necessaria, ma è anche bella, con tutte le sue imperfezioni“.

Una sfida che, a detta di Barbano, Il Mattino ha accolto “coltivando il metodo del dubbio e del confronto che si accendeva ogni mattina in una redazione meravigliosa, e si spegneva solo a notte, quando anche l’ultima edizione era chiusa, per ravvivarsi poche ore dopo. Con la convinzione che anche il dissenso, soprattutto il dissenso, è un’energia del miglior giornalismo“.

Poi, un ricordo per Matilde Serao “una giornalista di razza che non piegò la schiena ai sovranismi montanti del primo Novecento, e anche per questo perse il Nobel. Mi sono ispirato, i lettori giudicheranno se e quanto ci sia riuscito, al suo esempio morale, alla sua capacità di raccontare Napoli e il Mezzogiorno con distacco e senza fare sconti, ma con rispetto e amore per il suo popolo“. Un “coraggio” che Barbano augura anche al suo successore Monga: “È bravissimo e perbene, ha tutte le qualità per vincere la sfida che da oggi ha davanti a sé. Gli auguro di avere coraggio“.

Sulla “rimozione” di Barbano è arrivato anche il commento di Enrico Mentana, con un post su Facebook: “Troppo critico nei confronti delle forze del nuovo governo. Se fosse stato licenziato per il motivo contrario i social ribollirebbero di rabbia per l’odiosa decisione. L’editto campano, avrebbe detto qualcuno. Invece la nuova attenzione al potere emergente viene registrata con compiacimento. E così sarà per tutti gli “adeguamenti” ai nuovi principi, per la gioia dei tanti sanculotti del web diventati caporali“.


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