Libero perde le pubblicità: le aziende sono stanche dei suoi titoli


Se si tira troppo la corda, prima o poi si spezza. Sembrano non averlo compreso ancora Vittorio Feltri e Pietro Senaldi, i direttori (editoriale e responsabile, rispettivamente) del quotidiano Libero. Tanti, troppi i titoli sopra le righe, in alcuni casi ben oltre la linea di demarcazione di razzismo, omofobia, istigazione alla discriminazione.

Così due dei principali sponsor del quotidiano scelgono di non finanziarlo più: parliamo di e di Menarini, due importantissime aziende che, complici le proteste e un mare di richieste giunte via email, hanno deciso di chiudere i rubinetti.

Anche noi di Menarini ci sentiamo profondamente offesi da quelle parole perché si discostano totalmente dai valori che ci contraddistinguono come azienda. Il nostro gruppo, presente in 136 paesi nel mondo con 17.000 dipendenti, ha sempre tutelato la libertà individuale. Pertanto rifiutiamo categoricamente ogni tipo di discriminazione fondata su etnia, religione, orientamento sessuale, opinione o condizione personale e sociale. Per questi motivi, agiremo di conseguenza“.

Questa è la risposta che Menarini ha inviato all’europarlamentare Daniele Viotti, il quale aveva inviato una lettera agli inserzionisti di Libero per domandare come avessero intenzione di porsi in merito alla sequela di titoli più che discutibili. Insieme a lui numerosi tra normali cittadini e associazioni.

Menerini è la seconda grande azienda dopo Ristora a interrompere i rapporti con Libero. A Lettera43 i vertici dell’azienda hanno spiegato:

“Abbiamo ricevuto una valanga di critiche ma anche di insulti, ed è la terza o quarta volta che succede per un titolo di Libero. Ci hanno detto che siamo conniventi, ma noi pianifichiamo e compriamo la pubblicità con programmi trimestrali e non possiamo certo conoscere i titoli in anticipo. Senza entrare nel merito dei contenuti dell’articolo, non vogliamo in nessun modo che il nostro nome venga accostato a quello di Libero. Abbiamo chiamato il giornale, ci avevano detto che forse non era tecnicamente possibile togliere la pubblicità dal giornale già a partire dall’edizione in edicola il 24 gennaio. Abbiamo insistito e abbiamo chiesto che il logo di Ristora venisse eliminato già a partire da quella data“.

Questa storia è la dimostrazione di come i cittadini possano cambiare le cose. La prossima volta, probabilmente, Libero ci penserà due volte prima di sbattere un titolo vergognoso in pagina. O, almeno, si spera.


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