“Chest è a segg r”e gay”: le offese omofobe ad un professore napoletano


Napoli – Nonostante le leggi, nonostante la sensibilizzazione e nonostante siamo alle soglie del 2020, l’omofobia è ancora profondamente radicata nella nostra società. Dai banchi di scuola all’ambiente lavorativo l’arretratezza e l’ignoranza delle persone continuano a gravare su chi è ritenuto diverso, nel migliore dei casi, sbagliato o deviato, nei peggiori.

Lo dimostra il racconto pubblicato da Marco Maria Taglialatela, architetto e professore di tecnologia napoletano, sul suo profilo Facebook. Per anni il docente si è seduto su una sedia goliardicamente imbrattata dagli alunni con la scritta “Chest è a segg r”e gay”, “questa è la sedia dei gay”. Come se non bastasse, pur volendo passare sullo scherzo di cattivo gusto dei ragazzi, si è aggiunto che nessun altro docente ha mai voluto sedersi su quella sedia, forse per paura di essere definito omosessuale con quel solo gesto.

“…come docente, educatore e adulto – scrive Taglialatela – non posso stare zitto quando in una classe sento o vedo episodi di razzismo, Omofobia, misoginia e violenza in genere…quando accade, fermo tutto e la prima cosa che chiedo è : “perché?” e poi ne discuto e nel caso prendo provvedimenti, e me ne fotto se con la mia materia non c’entra nulla… Eppure alcuni colleghi e colleghe mettono voci in giro che io faccio attivismo Lgbt in classe, perché l’omofobia fa vedere loro solo quello e da qui la perenne calunnia… Pane per i miei denti penso e non demordo…la sedia che vedete in foto l’ho osservata per un anno intero e me la sono ritrovata agli esami, alcuni colleghi, quei colleghi di cui sopra, volevano toglierla… Io la presi e dissi loro : “no! Questa è la mia sedia, io faccio gli esami seduto proprio qui!”.

“Quella sedia è ancora lì – continua il professore in un’intervista al Mattino – e certi episodi di razzismo fanno male. Dopo alcuni anni, ho voluto raccontare di come il malessere sociale dell’omofobia sia una piaga nelle nostre scuole, e quando parte dai docenti fa ancora più male.”


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