Lino Pasca della Gelateria Paletta D’Oro: “Enormi disparità rispetto a supermercati e panifici”


Piccoli e medi esercenti rinunciano alle consegne a domicilio e rimangono con le saracinesche abbassate. Loro malgrado preferiscono attendere l’avvento dell’asporto per sopperire ad una situazione di forte disagio economico sostenuto ormai da due mesi, da quando il Paese si è rintanato a casa per contenere il contagio da Covid-19.

Le limitazioni d’orario dell’ attività lavorativa e l’obbligo di chiusura fissato la domenica convincono bar, pasticcerie e gelaterie ad aspettare tempi migliori. In tanti tramite i social da giorni hanno comunicato di astenersi all’avvio del delivery food (consegne a domiclio, ndr) partite lunedì 27. Il gioco non vale la candela sia dal punto di vista economico, con le spese che sarebbero superiori agli incassi, sia per la norma di difficile attuazione che riguarda la certificazione dello stato di buona salute dei dipendenti.

C’è chi silenziosamente spera che il Governatore della Campania, Vincenzo De Luca, non vieti l’attività di asporto in rampa di lancio dal 4 maggio su scala nazionale, c’è chi qualche giorno fa ha tentato di far valere le proprie ragioni incatenandosi all’esterno dell’esercizio commerciale, rimasto serrato.

«Le difficoltà che stiamo vivendo sono inimmaginabili ma quello che forse la gente non sa – commenta Lino Pasca, titolare della Gelateria Paletta D’Oro di Santa Maria Capua Vetere – è che il nostro governo non ascolta le associazioni di categoria. Gelaterie, pasticcerie, bar  e ristoranti hanno bisogno di chi batte fortemente i pugni sul tavolo, spiegando le nostre esigenze. La nostra mancata adesione alla riapertura per la sola consegna a domicilio è dovuta ad una impostazione a mio avviso sbagliata dove si evidenziano enormi disparità rispetto a supermercati, panifici e generi alimentari».

Paletta d'OroIl pomo della discordia è rappresentato in particolar modo dagli orari di attività. I ristoratori per esempio possono svolgere il servizio di delivery dalle 16 alle 23. Consentire alle attività di personalizzare le fatiche, dando modo di scegliere la fascia oraria più consona alle diverse esigenze, garantirebbe un risultato più efficace e con qualche saracinesca alzata in più. Molti preferirebbero operare di mattina fino a pranzo e non di sera come recita l’ordinanza regionale. Diverso il discorso per le pizzerie che, invece, lavorano sostanzialmente di sera.

«Riguardo agli orari di lavoro sarebbe stato necessario una forbice oraria molto più ampia nella quale ogni attività, all’interno di essa, sceglieva per le proprie esigenze. Fortemente penalizzante la chiusura domenicale», conclude l’imprenditore Pasca.

A tali restrizioni si aggiunge un ulteriore divieto, quello di non poter effettuare consegne oltre i confini comunali.
Quest’ultimo aspetto costituisce un limite fuori da ogni logica d’impresa.

«La fotografia disastrosa del momento è che le scadenze continuano inesorabilmente ad arrivare, i collaboratori non hanno ancora percepito la cassa integrazione, gli aiuti alle imprese neanche si intravedono e le tasse si dovranno pagare. In questo triste panorama ci auspichiamo che tra pochissimi giorni si passi fattivamente alla fase 2 e che la nostra categoria sia messa nelle stesse condizioni di supermercati, panifici e generi alimentari contribuendo alla ripartenza della nazione. Le attività del nostro settore oltre a portare ricchezza economica tangibile al nostro Paese, contribuiscono a dare lavoro a tante famiglie e a mantenere alto il nostro Made in Italy.
In questo momento storico i nostri prodotti possono contribuire a donare un sorriso».

 


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