Coronavirus, funziona la terapia al plasma iperimmune: arriverà anche al Cotugno


La terapia al plasma iperimmune usata per curare parte dei contagiati da Coronavirus arriverà anche all’Ospedale Cotugno. Entro questa settimana sarà avviato l’utilizzo sperimentale del siero ricco di anticorpi estratto da pazienti guariti dal Covid. I risultati che si stanno ottenendo con questa cura al San Matteo di Pavia, all’ospedale di Mantova, in quello di Bolzano e ora anche a Padova, sono davvero ottimi.

La cura inizialmente fu suggerita dal primario emerito del Cotugno Giulio Tarro già quando ci furono i primi casi di Coronavirus in Italia, ma solo ultimamente è stata presa in considerazione e al momento sta dando i risultati sperati.

Come ha dichiarato Giuseppe de Donno, primario di Pneumologia all’Ospedale Carlo Poma di Mantova, durante un suo intervento alla trasmissione “Porta a Porta”: Sono 58 i pazienti curati con il siero iperimmune, 48 inseriti nel protocollo e 10 chiedendo al comitato etico. Sono guariti tutti.

Come si apprende da IlMattino, la richiesta di alcuni clinici del Cotugno, risale addirittura alla metà di marzo, ma bisogna ancora attendere il parere del Comitato etico prima di poter procedere all’utilizzo sperimentale del siero. Questo perché occorre prima uniformare le procedure alle linee guida sull’uso di derivanti del plasma dettate dal ministero della Salute, poi vanno indicate le procedure di sicurezza e infine chiarite le responsabilità di eventuali eventi avversi i nodi da sciogliere.

Per velocizzare l’intera procedura che richiederebbe tempi troppo lunghi, è intervenuto nei giorni scorsi il manager dell’Azienda dei Colli Maurizio di Mauro che ha chiesto di partecipare all’ultima riunione web. Così ieri sera è stata segnata l’ultima tappa, oggi dovrebbe essere ratificato il lavoro e venerdì il documento andare alla firma.

Per produrre il siero con anticorpi sarà impegnata l’unità immunotrasfusionale dell’azienda dei Colli diretta da Bruno Zuccarelli.

Per fortuna ci sono già alcuni donatori. All’atto delle dimissioni, molti pazienti guariti si sono già fatti avanti per donare il proprio sangue. In attesa di un vaccino contro Covid 19 tale immunizzazione passiva sembra rivelarsi la migliore strategia terapeutica possibile. La stessa procedura fu infatti già utilizzata nel 2002 e nel 2009 nella cura della Sars e della Mers, parenti stretti del Coronavirus, che però erano più letali rispettivamente del 10 e del 30%.


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