Campania vicina al contagio 0, ma è al terzultimo posto per tamponi effettuati


Campania al terzultimo posto per numero di tamponi. L’Italia pian piano si sta tirando fuori dalla crisi sanitaria in cui era caduta negli scorsi mesi. La Campania sta per raggiungere quota 0 a livello di persone infettate ma un’analisi della Fondazione Gimbe ha portato alcune ombre sulla Regione.

Rispetto alla ridotta pressione sugli ospedali, tuttavia – afferma il Presidente della fondazione Nino Catabellotta – il numero dei nuovi casi è influenzato dal numero dei tamponi eseguiti dalle Regioni e pertanto soggetto a possibili distorsioni“.

Per tali ragioni la Fondazione GIMBE ha condotto un’analisi indipendente sui dati della Protezione Civile che dal 19 aprile, oltre al numero totale dei tamponi, riporta per ciascuna Regione il numero dei “casi testati” definiti come il “totale dei soggetti sottoposti al test”. In sintesi:

  • I “casi testati” identificano i “tamponi diagnostici” e la differenza tra “tamponi totali” e “casi testati” corrisponde ai “tamponi di controllo”, effettuati sullo stesso soggetto per confermare la guarigione virologica o per altre necessità di ripetere il test. Dall’ inizio dell’epidemia sono stati effettuati in Italia 2.310.929 tamponi di cui il 67,1% “diagnostici” e il 32,9% “di controllo”.
  • Sulla base della popolazione residente il numero di tamponi, sia totali che diagnostici, è stato parametrato a 100.000 abitanti/die, un indicatore più affidabile per i confronti regionali.
  • Le Regioni sono state suddivise secondo le 5 classi di propensione all’esecuzione dei tamponi di una recente analisi della Fondazione Hume, in relazione al numero di tamponi per 100.000 abitanti/die che risulta inversamente correlato alla mortalità.
  • Poiché il dato sui “casi testati” è stato oggetto di ricalcolo da parte di alcune Regioni fino al 21 aprile, il periodo di osservazione è stato fissato dal 22 aprile al 6 maggio.

Le nostre analisi effettuate sugli ultimi 14 giorni – spiega il Presidente – forniscono tre incontrovertibili evidenze: innanzitutto, si conferma che circa 1/3 dei tamponi sono “di controllo”; in secondo luogo il numero di tamponi per 100.000 abitanti/die è molto esiguo rispetto alla massiccia attività di testing necessaria nella fase 2; infine, esistono notevoli variabilità regionali sia sulla propensione all’ esecuzione dei tamponi, sia rispetto alla percentuale di tamponi “diagnostici”.

L’analisi in questione suddivide le regioni in base a 5 classi a seconda del numero di tamponi effettuati. Le classi con numero maggiore sono le regioni che effettuano meno test. La Campania purtroppo si trova nell’ultima fascia per numero di tamponi effettuati.

Tamponi totali: la media nazionale di 88 tamponi per 100.000 abitanti/die colloca l’Italia nella classe di propensione 4 con notevoli differenze regionali:

  • Classe 1 (>250): nessuna regione
  • Classe 2 (130-250): Provincia autonoma di Trento, Valle D’Aosta, Provincia autonoma di Bolzano, Veneto, Friuli-Venezia Giulia
  • Classe 3 (100-129): Piemonte, Emilia-Romagna, Umbria, Liguria
  • Classe 4 (60-99): Lombardia, Marche, Basilicata, Toscana, Molise, Abruzzo, Lazio
  • Classe 5 (<60): Sardegna, Calabria, Campania, Sicilia, Puglia

Tamponi diagnostici

A livello nazionale rappresentano il 67,1% dei tamponi totali, con ampie variabilità regionali: dal 25,3% della Campania al 98% della Puglia
La media nazionale per 100.000 abitanti/die è di 59, con notevoli variabilità regionali: dai 12 della Campania ai 130 della Valle D’Aosta.

Alla luce di questi dati la Fondazione GIMBE – conclude Cartabellotta – da un lato richiama tutte le Regioni a implementare l’estensione mirata dei tamponi diagnostici, dall’ altro chiede al Ministero della Salute di inserire tra gli indicatori di monitoraggio della fase 2 uno standard minimo di almeno 250 tamponi diagnostici al giorno per 100.000 abitanti. Il Governo infatti, oltre a favorire le strategie di testing, deve neutralizzare comportamenti opportunistici delle Regioni finalizzati a ridurre la diagnosi di un numero troppo elevato di nuovi casi che, in base agli algoritmi attuali, aumenterebbe il rischio di nuovi lockdown”.


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