Medici del Cotugno: “Il virus non è scomparso, casi come quelli di marzo”


Il virus non è affatto scomparso. E sbaglierebbe chiunque ritenesse che il nemico sia stato sconfitto“. Questo è quanto dichiarano alla Repubblica i medici del Cotugno, ospedale in prima linea nella lotta al coronavirus fin dall’inizio dell’emergenza.

In Campania, in particolare, sembra esserci stato un rilassamento generale, nonostante l’insorgere di nuovi focolai. Sono sempre meno i locali che osservano tutte le norme anti-contagio: di recente i medici di famiglia hanno lanciato un allarme proprio sulla movida partenopea senza regole, un elemento che sta contribuendo alla diffusione del covid tra i più giovani.

Attualmente, i ricoverati al Cotugno per coronavirus sono sette in tutto. L’ultima paziente è arrivata appena l’altroieri: si tratta di una dominicana proveniente da Ischia, che però, al momento, non si trova in condizioni preoccupanti. Più grave un paziente 38enne, arrivato in ospedale con importanti problemi respiratori e adesso in miglioramento.

Giuseppe Fiorentino, direttore della Pneumologia del Monaldi, invita i cittadini al rispetto delle norme. “Le indicazioni principali per sentirsi un minimo tutelati, visto che la sicurezza totale è un obiettivo difficile da raggiungere, rimangono la mascherina, soprattutto nei luoghi chiusi e un atteggiamento protettivo mirato: evitare di fare gruppo, che vuol dire no agli assembramenti e a condizioni che li possano favorire“.

Oggi ci troviamo davanti a casi di pazienti sovrapponibili a quelli di marzo, mi riferisco alla gravità clinica. Con la differenza che ora siamo più preparati: soprattutto i medici del Cotugno sanno modulare i trattamenti specifici. Il rischio c’è ancora, e se fossimo in inverno non avremmo registrato sei, sette contagi al giorno ma tanti in più.

Poi, abbiamo una novità sul versante diagnostico grazie a tamponi di screening affidabili di ultima generazione, simili ai predecessori ma che danno il risultato in venti minuti. Un’ultima raccomandazione: si rafforzi il cordone sanitario per quelli che arrivano da altre regioni e dall’estero. Basta un contagiato a infettarne sei o sette“.


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