Napoli è un luogo da pazzi e per la cura della sofferenza


Sulla scia della rivoluzione del desiderio e delle conquiste sociali degli anni ’60 e ’70 in Italia lo psichiatra Franco Basaglia e il suo collaboratore Sergio Piro apportarono, con la legge italiana n. 180 del 13 maggio del 1978, una importante svolta europea in materia di “accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori” per lo smantellamento della logica manicomiale e per una nuova organizzazione dell’assistenza psichiatrica ospedaliera e territoriale. Punto nodale della riforma era il superamento di un impostazione ottocentesca, biologica e sociale, della sofferenza mentale, che rinchiudeva il patologico nelle rigide nomenclature anglosassoni e farmacologiche del DSM e gli affetti da sofferenza psichica in luoghi di esclusione, interdizione e di contenimento sociale della malattia.

basaglia

L’alternativa Basaglia e dell’antropologia trasformazionale promuoveva servizi di igiene mentale pubblica capaci di ricomporre e integrare una società in frammenti; la chiave clinica doveva aprirsi alla psicoterapia e a un cammino di reintegrazione politicasociale del sofferente. Una rete di solidarietà già da sempre esistente ma oggi in crisi, in seguito ai nuovi rapporti di potere e subordinazione instaurati dai nuovi sistemi produttivi e riproduttivi e dal processo di secolarizzazione e di emancipazione delle società europee, doveva ritornare essere promossa e costruita a più livelli, individuali e collettivi. Il nuovo Servizio sanitario nazionale per l’assistenza pubblica psichiatrica, che dal 1994 (con il progetto obbiettivo) aveva razionalizzato e codificato il processo di riforma, è tuttavia oggi una lettera morta. Ciò che è mancato è stata la progettualità politica e la pianificazione sociale della cura psichica.

Napoli

Nell’acuità della crisi politica, sociale ed economica dell’attualità il problema del disagio mentale si fa ancora più sentito e diffuso, eppure la modernità basagliana stenta ad essere applicata. Negli ultimi vent’anni si è ritornati indietro e le pratiche psichiatriche detentive sono state riabilitate, per non parlare poi dell’incremento enorme del potere dell’industria farmaceutica sulla società, la quale ha medicalizzato la stessa e irregimentato, in base ad esigenze ed opportunità non di cura ma di sviluppo industriale e dei mercati, biopoliticamente i rapporti sociali.

napoli sicura

Ciò che è, ad esempio, visibile in molte realtà laboratorio napoletane e vesuviane, come i Disoccupati organizzati, il Centro culturale “La Città del Sole, la SIPI Integrazioni, eccetera, è il tentativo di restaurare, e non senza fallimenti, il reintegro – dalla sfera di invisibilità e di isolamento – del sofferente nella rete di servizi, di cura e solidarietà, di quartiere. Il malato in queste realtà non è più l’emarginato ma il folle che nel lavoro e nei servizi sociali ricostruisce il suo corpo in frammenti, ricompatta la sua sfera psichica e con essa quella collettiva, conquistandosi un ruolo e una funzione riconosciuta dalla società di quartiere.

carlo iii

Noto è il caso di Francesco a Carlo III, il quale ha sfondato il muro di gomma dell’indifferenza e della malattia attraverso un cammino di corresponsabilità e di riconoscimento sociale. Francesco si occupa della pulizia dei giardini, getta l’immondizia e si occupa del carico della spesa alimentare per disabili e anziani. La difficoltà individuale di costituirsi come identità di Francesco è stata arginata e curata politicamente, socialmente, attraverso una gestione delle prassi psicoterapiche in attività collettive, la quale ricostruisce visioni del mondo condivisibili. Gli interventi psico-riabilitativi e farmacologici sono strumenti per rendere praticabile il processo psicoterapico, il quale ricordiamo essere un’esperienza transitiva di emancipazione psichica, politica, sociale ed economica. La psicoterapia rende autonomi, ovvero liberi non dagli altri ma con gli altri.

La Società italiana di psicoterapia integrata o SIPI di Casoria è ad esempio non un istituto privato ma una cooperativa sociale integrazioni onlus, non lucrativa ma ad utilità sociale, edificata nel 1996 da medici, psicologi, sofferenti e cittadini. La formazione degli operatori è stata calibrata in base ad un modello di cura strutturale integrato, il quale dialoga con approcci fenomenologici, psicanalitici e marxisti. Attraverso la residenza psichiatrica Kairos e le sue varie strutture (Soteria, Agorà, Dialogoi) le prestazioni psichiatriche sono state avviate a partire da piattaforme sociali che hanno utilizzato lo strumento del lavoro socializzato e della solidarietà. La SIPI collabora soprattutto con le scuole e con le università per interrompere la cronicizzazione e la stretta farmacologica, e lavora con la finalità di permettere al sofferente di riconquistarsi un proprio luogo nel mondo, con un’identità, dei progetti, delle aspirazioni, delle capacità ricreative e produttive, una convinzione d’esistenza e di senso orientato.

Questi “progetti di una clinica di quartiere” rende la psicoterapia una disciplina non solo specialistica ma soprattutto sociale, dove è tutto il quartiere, e le sue complessità, che costruiscono la clinica. La clinica non è fatta di stanze imbottite ma di soglie affettive.

Purtroppo anche queste realtà curative sono in sofferenza, in quanto non sono affiancate dalla volontà politica istituzionale, la quale continua il lavoro di gestione della cosa pubblica con criteri economicistici di austerità. In altre parole istituzioni come la Regione Campania non solo non riconosce questi ambienti clinici ma addirittura ha ridotto, in questi annim i contributi economici in favore di quelli riconosciuti dal sistema sanitario nazionale e senza scopo di lucro.

I processi di detenzione manicomiale ritornano a pullulare nel nostro territorio, e questo per riuscire a capitalizzare la sofferenza ma, nel frattempo, la acuisce, facendo a pezzi lo stato sociale e la sanità pubblica.

Come possiamo arginare questo fenomeno? Restituendo la parola alle cliniche di quartiere, ai sofferenti? Ritornando a preoccuparci di ricostruire nuove identità collettive e prassi di cura psichica e sociale?


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