Orgoglio campano: Pineta Grande fra i primi centri per interventi cardiaci mininvasivi


La Campania si conferma all’avanguardia nella cura delle malattie delle valvole cardiache. Stando ai dati pubblicato dalla Società Italiana di Cardiologia Invasiva, il Pineta Grande Hospital è nella top 5 dei centri che eseguono interventi cardiaci con tecniche mininvasive.

Le patologie delle valvole cardiache sono in costante aumento nel nostro Paese, a causa dell’invecchiamento della popolazione, e colpiscono oltre 30mila persone over 70 solo in Campania. La nostra regione, tuttavia, è in grado di offrire un trattamento d’eccellenza in quest’ambito: ricoveri brevi, ripresa immediata e aumento dell’aspettativa di vita.

Fino ad alcuni anni fa, per questi pazienti l’unica possibilità terapeutica era l’intervento chirurgico per sostituire o, se possibile, riparare la valvola danneggiata“, spiega il dottor Arturo Giordano, direttore dell’Unità Operativa di Interventistica Cardiovascolare del centro di eccellenza Pineta Grande di Castel Volturno.

“Un’operazione ‘a cuore aperto’ molto invasiva, che non tutti i pazienti possono affrontare per età, malattie concomitanti, fragilità generale, con il risultato che molte persone non vengono trattate. Oggi riusciamo a correggere alcuni di questi disturbi senza intervento chirurgico a cuore aperto, ma con dispositivi all’avanguardia che stanno rivoluzionando il trattamento delle malattie valvolari cardiache.

Come confermano i dati appena pubblicati dalla Società Italiana di Cardiologia Invasiva (GISE), che censisce l’attività di tutte le cardiologie italiane, il Pineta Grande Hospital è presente nella classifica nazionale fra i primi cinque centri che eseguono interventi transcatetere mininvasivi sia sulle valvole aortiche (oltre 200 nell’anno) che su quelle mitraliche (circa 50).

L’Unità di Interventistica Cardiovascolare diretta dal Dott. Giordano è inoltre la prima struttura in Italia ad aver impiantato, subito dopo l’approvazione europea con il marchio CE, la nuova valvola aortica transcatetere Navitor dell’azienda americana Abbott, un dispositivo minimamente invasivo che previene le complicazioni che a volte comportano la necessità di intervenire di nuovo sulla valvola cardiaca.

Anche in quest’anno dominato dalla pandemia da Covid-19 continuiamo ad investire in ricerca, innovazione e nuove tecnologie per il trattamento dei pazienti con cardiopatie strutturali – continua il dott. Giordano – La disponibilità di soluzioni innovative e minimamente invasive per curare malattie importanti e invalidanti come la stenosi aortica e l’insufficienza mitralica è fondamentale

Il sistema di impianto di valvola aortica di ultima generazione che abbiamo adottato ci pone all’avanguardia in Italia e ci aiuta ad affrontare casi anche estremamente complessi. I dispositivi più innovativi possono aiutarci a migliorare la vita di molti pazienti. I potenziali benefici sono significativi e possono consentire a un maggior numero di persone con malattie delle valvole cardiache di beneficiare di questa svolta nella tecnologia medica.”

Le procedure innovative utilizzate negli interventi cardiaci vedono l’équipe Interventistica Cardiovascolare del Pineta Grande Hospital leader in Italia, e coinvolgono, oltre al dott. Giordano, tanti professionisti esperti nel trattamento delle malattie valvolari cardiache, come Paolo Ferraro, Nicola Corcione, Alberto Morello, Michele Cimmino, Michele Albanese e Giuseppe Biondi-Zoccai.

Il sistema di impianto di valvola aortica transcatetere di ultima generazione Navitor ha ottenuto il marchio CE a maggio di quest’anno. L’impianto non comporta nessun taglio chirurgico, si interviene nella maggior parte dei casi attraverso l’inguine mediante poco più di una puntura con una procedura veloce e tempi di recupero rapidi. La valvola è in grado di ottimizzare e semplificare le procedure transcatetere (TAVI) consentendo un miglior posizionamento e migliori risultati nelle diverse anatomie cardiache.

Questo periodo pandemico – conclude il dottor Giordano – ha allontanato dagli ambulatori e dalle strutture ospedaliere i malati che si ritenevano ‘non’. Questo per molte branchie ha determinato un aumento di mortalità e di morbidità; in particolare per la cardiologia stimiamo in diverse migliaia il numero di pazienti che hanno presumibilmente perso la vita perché non curati per tempo. I pazienti devono tornare a controlli perché intervenire troppo tardi può essere grave e non risolutivo”.


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