Schettino all’Università. Lezione sul panico collettivo


Come amava dire Marco Travaglio, pensando al cineasta Allen, siamo “in una repubblica delle banane“, dove guarda caso si propone all’ex comandante Francesco Schettino – dopo aver affondato una nave ed essere stato il primo a scappare da essa – di fare una lectio magistralis all’università Sapienza di Roma, per un Master di Scienze criminologiche, afferente alla cattedra di Psicopatologia forense, presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia.

Il tema è “la gestione del panico di folle etnicamente differenti”. La domanda che sorge immediatamente è: dopo aver affondato e abbandonato la Concordia, la Sapienza chiede una lezione all’ex comandante su come gestire il panico? Sembrerebbe logico chiedere a “uno che ha vissuto cosa è il panico” di partecipare a un corso universitario di psicopatologia, ma è probabile che non abbia la formazione e gli studi adeguati per interpretarla?

Davanti un episodio del genere non si sa chi siano i disorientati, se Schettino, il Comitato accademico della Sapienza, le piazze gremite di gente nel mondo reale. “Da Le Bon a Mc Dougall, dalla Scuola di Oxford a Tarde, da Freud a Lacan, infrangono i loculi marmorei dove li hanno riposti. Alcuni affermano di aver visto le spoglie di Durkheim darsi fuoco e gettarsi dal cratere del Vesuvio?”

“Scene da panico si vedono negli ambienti accademici, mentre ricercatori e professori di tutto il mondo si strappano i capelli dalla disperazione e dalle risate isteriche!”

Mentre i cervelli scappano, chiediamo a rovine umane di tenere lezioni sui legami affettivi che strutturano le dinamiche inerenti l’ipnosi e l’identificazione nei processi di organizzazione e de-soggettivazione dei gruppi; viene da ridere!

Come altre testate eminenti partecipiamo anche noi al dubbio: è una cosa giusta che Schettino insegni di teoria clinica e psicologia delle masse? O forse vi sono in giro specialisti più preparati e titolati?

La Sapienza pensava di saturare i posti per questo master con la trovata pubblicitaria di uno “Schettino che insegna”, o gli accademici dell’antico polo di studi vedono qualcosa che noi non vediamo?


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