Gli USA restituiscono affresco pompeiano del I sec. a.C.: era stato rubato nei siti vesuviani

Affresco Ercole


Affresco Ercole. Gli Stati Uniti restituiscono all’Italia sessanta reperti archeologici del valore di 20 milioni di dollari. Tra questi c’è anche un affresco del I secolo d.C. che raffigura Ercole bambino che strozza il serpente, proviene dall’area vesuviana, Pompei o Ercolano. Negli Usa era noto come “Ercolano fresco” non si sa se perché raffiguri Ercole oppure perché trafugato dagli scavi di Ercolano.

Affresco Ercole: rientra in Italia insieme ad altre 60 opere

Qui i reperti erano stati commercializzati da trafficanti internazionali, grazie a una operazione portata avanti dai carabinieri per la Tutela del patrimonio culturale insieme al New York Country district attorney’s office (Dao).

Le opere erano state offerte in vendita da alcuni brokers dell’arte e sono poi confluite in collezioni private statunitensi, come in quella di uno dei più grandi collezionisti d’arte antica del mondo, al quale è stato addirittura imposto, per la prima volta nel suo genere, un divieto a vita di acquistare antichità a seguito dell’indagine penale pluriennale e multinazionale condotta dal DAO.

L’attività d’indagine è stata supportata dagli accertamenti fotografici, eseguiti dal personale della Sezione Elaborazione Dati del Comando TPC, che hanno permesso di verificare le opere individuate nel contesto di procedimenti penali a carico di diversi trafficanti internazionali di reperti archeologici, nel corso dei quali il Reparto Operativo TPC ha sequestrato grandi quantità di materiale fotografico e documentale riferito a migliaia di beni trafugati, tra cui quelli presentati oggi.

Trafugate nei siti archeologici

Tali beni, infatti, erano stati immessi nel mercato antiquario internazionale attraverso transazioni effettuate da ricettatori di beni culturali e mercanti d’arte, senza le prescritte autorizzazioni, peraltro beni provento da scavo clandestino o da furti, e commercializzati nel mercato statunitense. Non vi era traccia, inoltre, in alcuna pubblicazione degli eventuali scavi scientifici che ne proferisse il loro ritrovamento, oltretutto di eccezionale qualità e rilevanza culturale. Pertanto, i reperti non erano noti al mondo accademico fino alla data della loro acquisizione nel mercato antiquario.

Grazie alle prove documentali e fotografiche in possesso del Reparto Tpc dell’Arma dei Carabinieri è stato possibile determinare che i reperti fossero provento di scavi clandestini operati in Italia ed esportati all’estero senza le previste autorizzazioni del Ministero della Cultura. In effetti, i reperti non avrebbero mai potuto lasciare il territorio nazionale, come previsto dalla legislazione fin dal 1909.

Questi 60 beni rappresentano il saccheggio dei siti archeologici italiani causato da trafficanti senza scrupoli al fine di procurarsi un profitto illecito. Per troppo tempo sono rimasti in musei, case private e gallerie estere senza alcun diritto di proprietà. Per smascherare questi criminali sono stati necessari anni di diligente e difficile lavoro investigativo svolto in coordinamento tra il Comando.

I controlli dei carabinieri

Dall’inizio dell’anno i Carabinieri TPC hanno effettuato 1.584 controlli a siti monumentali o paesaggistici (questi ultimi svolti d’intesa con il comparto Forestale dell’Arma), rilevando attività illecite e procedendo al deferimento di 124 persone e al sequestro di 8 immobili e 2 tra aree paesaggistiche o strutture (edificate senza le previste autorizzazioni) ricadenti in aree soggette a vincolo.

Il recupero di questi reperti da parte dei Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale è un grande successo nell’ambito delle attività di contrasto al traffico illecito dei beni che appartengono alla nostra nazione. Ringrazio l’Arma per il prezioso e insostituibile lavoro quotidiano, svolto in ogni parte del mondo”, ha detto il Ministro Sangiuliano.


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