I detenuti hanno diritto a fare sesso in carcere, ipotesi “casette” nei penitenziari: la sentenza storica

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Sì al sesso in carcere per i detenuti

L’affettività e quindi anche fare sesso sono dei diritti che devono essere riconosciuti anche in carcere. Lo afferma la Corte Costituzionale, interpellata sul caso di un detenuto del carcere di Terni: i magistrati hanno dichiarato illegittimo l’articolo 18 della legge sull’ordinamento penitenziario nella parte in cui non prevede che la persona detenuta possa avere colloqui con la coniuge (o persona unita civilmente o convivente stabile) senza essere controllata a vista dagli agenti.

I detenuti hanno diritto a fare sesso in carcere

Qualora non vi siano ragioni di sicurezza o necessità (ad esempio nei confronti di detenuti al 41-bis o autori di determinati reati) e vista la condotta del detenuto in carcere, non dovrebbe essere precluso avere dei colloqui in maniera del tutto privata. I giudici sono andati perfino oltre invitando il legislatore ad imitare quanto avviene in altre carceri d’Europa, dove esistono delle vere e proprie unità abitative dove i carcerati possono vivere l’intimità come in un piccolo ambiente domestico. Delle casette, insomma, negli istituti penitenziari.

Il caso

Il caso da cui è partita la questione di legittimità costituzionale riguarda un detenuto per tentato omicidio, furto aggravato ed evasione. Costui lamentava di non poter avere colloqui privati con la moglie e la figlia, compromettendo dunque il rapporto con esse. Per i magistrati nella situazione attuale viene “innanzitutto leso un diritto fondamentale della persona, alla libera espressione dell’affettività, anche nella componente sessuale”.

Inoltre la “forzata astinenza dai rapporti sessuali con i congiunti in libertà determinerebbe poi una compressione aggiuntiva della libertà personale del detenuto, ingiustificata qualora non ricorrano particolari esigenze di custodia, oltre che una violenza fisica e morale sulla persona del ristretto”. Infine, i giudici ricordano che “La pena non può essere contraria al senso di umanità” e dunque “Una pena caratterizzata dalla sottrazione di una porzione significativa di libera disponibilità del proprio corpo e del proprio esprimere affetto sarebbe altresì contraria al senso di umanità e incapace di assolvere alla funzione rieducativa, con conseguente violazione dell’articolo 27 della Costituzione”.


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