Come rovinare con tre parole la lingua più bella del mondo…


Lèvate ‘o sfizio, non Lievet’ o’ sfizio. Cinque errori in due parole. E poi la fastidiosa sostituzione dell’aferesi con l’apostrofo sull’articolo è da prurito cutaneo. Se non sapete scrivere in napoletano, cari colleghi pubblicitari, rivolgetevi a chi lo conosce. La pubblicità non è ignoranza “. E’ quanto ha commentato Angelo Forgione, sulla sua pagina facebook, pubblicando la foto in alto, dove per far promozione ad un’auto hanno scelto una tipica espressione del napoletano per far colpo sui cittadini partenopei.

Ed in realtà, colpo l’hanno fatto sul serio. Hanno commesso ben cinque errori grammaticali, come fa notare il giornalista e scrittore. Un eccesso di superficialità o di presunzione? Se il commento doveva esser fatto in italiano o in qualsiasi altra lingua, ci si sarebbe dovuti rivolgere necessariamente ad un esperto, ma in questo caso non è stato fatto.

Questo perché non si è ancora capito che il Napoletano è una lingua a tutti gli effetti e soprattutto non viene tutelata e trasmessa alle nuove generazioni. Come afferma Forgione nel suo blog, la causa andrebbe cercata nella perdita d’identità del popolo meridionale, in quanto il Napoletano si sta sempre più degradando e trasformando nelle use varianti volgarizzate, a causa della mancata valorizzazione e il negato insegnamento della grammatica e della pronuncia di questa “lingua riconosciuta dall’Unesco ma evidentemente non dallo stato italiano“.

Questa lacuna purtroppo riguarda anche molti napoletani, infatti, non è raro vedere a Napoli insegne di negozi o di locali con errori grammaticali gravi, che dimostrano la graduale perdita di questo patrimonio linguistico. Il Napoletano che è riconosciuto dall’Unesco come una lingua e non come un dialetto, secondo solo all’italiano per diffusione sulla penisola e il più esportato all’estero, per la cultura identitaria che rappresenta per il meridione non è inferiore a nessun’altra lingua al mondo. Deve essere considerato patrimonio da tutelare e da difendere al pari di un qualsiasi altro monumento italiano ed è giusto che venga trasmesso anche ai propri figli.

 


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