Look da gangster e un ghigno sul volto e un tentato omicidio: chi è l’assassino di Giovanbattista Cutolo

Giovanbattista Cutolo


Look da gangster e un ghigno sul volto: così appariva in Questura il ragazzo di 16 anni che ha ucciso Giovanbattista Cutolo, il musicista di 24 anni morto per il parcheggio di uno scooter a Piazza Municipio. L’ennesima vittima per un motivo non futile, di più. Una vicenda che ricorda molto da vicino quella di Francesco Pio Maimone, ammazzato per una scarpa sporca a Mergellina. In entrambi i casi, i carnefici avevano già avuto seri problemi con la giustizia e facevano parte di famiglie non proprio limpide, diciamo così.

Chi è l’assassino di Giovanbattista Cutolo

Il 16enne ha confessato il proprio omicidio. Alla Polizia di Stato, nei locali della Questura di Napoli in via Medina, ha confermato la versione che a grandi linee è emersa alle cronache: ore 5 del mattino a Piazza Municipio, uno scambio di battute per un motorino parcheggiato male. Giovanbattista è girato di spalle e il suo assassino lo uccide con tre colpi di pistola, così, vigliaccamente.

Il tentato omicidio a 14 anni

L’assassino era già conosciuto alle forze dell’ordine: a quasi 14 anni era stato accusato di tentato omicidio, ma a causa dell’età non era imputabile e dunque è rimasto libero. Libero di uscire abitualmente con una pistola in tasca, la stessa che ha usato per uccidere il musicista che, a detta di amici, professori e addetti ai lavori, era un grande talento destinato ad un futuro importante. Pistola che probabilmente ha ripetutamente accarezzato, anelando il momento giusto di usarla e sentirsi così realizzato nel sogno di una vita criminale, nel destino che in questi ambienti è cercato e desiderato. Il destino del carcere e perfino della morte violenta.

Giovanbattista Cutolo

Cresciuto in un ambiente malavitoso tra crimine e violenza

Nonostante la giovanissima età l’assassino si dava delle arie da duro, imitando i modelli visti in televisione e nei video musicali: grosse catene di oro fasullo, i vestiti over, una sorta di baffetti che a quell’età sono solo qualcosa in più di una peluria. Determinante anche l’ambiente in cui è cresciuto: suo padre ha alle spalle diverse condanne penali, un soggetto ben noto alla giustizia e soprattutto tra gli abitanti dei Quartieri Spagnoli. Per lui perciò è stato un processo naturale crescere nelle paranze, non affiliarsi: l’affiliazione sottende una precedente non appartenenza, ed invece la malavita è l’ambiente in cui è cresciuto.

Lo Stato non è riuscito a sottrarlo al suo destino, come purtroppo spesso avviene. È manifestamente incapace di sottrarre alla strada i giovani a rischio e, se qualcuno viene fermato, poi torna peggiore di prima. Proprio come gli assassini di Giovanbattista e Francesco Pio.


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