Allarme: scarichi fognari nei pressi dell’Acquedotto Carolino


Preoccupazione ed allarme a Caserta per presunti sversamenti illegali nei paraggi del famoso Acquedotto. A pubblicare l’appello di Cobianchi il quotidiano IlMattino.it che ha così raccontato la vicenda: “Sull’ Acquedotto Carolino indaghi la Procura della Repubblica”: è l’appello lanciato da Luigi Cobianchi, capogruppo consiliare, Presidente della commissione consiliare permanente di controllo e garanzia “Atti della giunta comunale” della città capoluogo, con una denuncia circostanziata e documentata.

La denuncia (indirizzata al Procuratore della Repubblica, al Prefetto, al Comandante dei Carabinieri, al direttore generale Asl, al direttore dell’Arpac, al comandante delle polizia municipale e al sindaco di Caserta) trova la sua genesi nelle risultanze dell’ispezione effettuata, nel tratto di Acquedotto situato in località San Benedetto e in prossimità de “Lo Uttaro”, da un gruppo di speleologi nello scorso mese di luglio.

Durante l’ispezione, condotta con la supervisione tecnica dell’architetto Ettore Ventrella e di Roberta Ventrella, gli speleologi, come documentano foto e filmati allegati alla denuncia, riscontrarono la presenza di una tubazione in calcestruzzo di recente costruzione, verosimilmente adibita a scarico fognario. “La qual cosa – scrive Cobianchi – appare meritevole di approfondita indagine, atteso che l’impianto originario settecentesco, sino agli anni 50, ha funzionato come acquedotto e, dalla sua dismissione, nessuna delle autorità competenti ha autorizzato la trasformazione in dotto fognario”.

Non solo. “Ancora più allarmanti appaiono – si legge nella denuncia – alcune opere abusive di immissione nell’acquedotto, di realizzazione molto recente, in conglomerato cementizio, verosimilmente armato, in particolare una che risulta collegata, a mezzo di un tombino, ad un sovrastante capannone industriale che sorge sempre in tenimento di Lo Uttaro”.

La preoccupazione nasce anche dalla ipotesi, suffragata dalle tracce di liquami trovate dagli speleologi sulla volta della condotta settecentesca, “che la trasformazione abusiva dell’originario acquedotto in fogna, sia durata a lungo e che lo sversamento dei liquami sarebbe perdurato fino a tempi molto recenti”. Anzi, gli autori della relazione che accompagna i rilievi, non escludono che lo sversamento abusivo di liquami continui a tutt’oggi e che i fanghi potrebbero “non derivare da servizi igienici, bensì da scarichi di rifiuti e scorie industriali contenenti sostanze chimiche pericolose e metalli pesanti”.

Ma Cobianchi, con il suo esposto, pone anche altre questioni. Secondo lo studio di Ettore e Roberta Ventrella, il sottosuolo dell’area de “Lo Uttaro”, sarebbe attraversato da due corsi d’acqua, noti ai tempi in cui venne realizzato l’acquedotto, come “Acque di Santa Lucia” e di “Vallone della Cupa” che sfociavano nei Regi Lagni. I corsi d’acqua, segnalati dalla presenza di torrini ottocenteschi e da pompe idrauliche per l’irrigazione tutt’ora in esercizio, testimonierebbero “la presenza di una più vasta rete di antichi condotti, nati per servire masserie e mulini”.

Se, dunque, questi corsi d’acqua fossero effettivamente ancora alimentati e venissero raggiunti dal percolato proveniente dai rifiuti stoccati a “Lo Uttaro”, si verificherebbe il diffondersi di pericolosi inquinanti fino ad oltre trenta chilometri di distanza dall’area di origine, dunque, ben oltre il modesto raggio dove, a scopo cautelativo, è stato inibito il prelievo d’acqua dai pozzi e lo svolgimento di qualsiasi attività agricola. Pertanto, Cobianchi chiede non solo “di avviare un’approfondita attività investigativa e di verifica sulla trasformazione abusiva dell’acquedotto carolino in fogna e discarica”, ma anche di verificare l’eventuale inquinamento dei corsi d’acqua sotterranei.

 

 


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