Angelo Forgione: “Vi spiego perché hanno sequestrato le sciarpe al San Paolo”


La questione del sequestro delle sciarpe con il simbolo borbonico, avvenuto domenica scorsa allo stadio San Paolo, ha suscitato vive proteste da parte dei tifosi i quali non riescono a comprenderne il motivo, a maggior ragione alla luce del fatto che i tentativi di spiegazione del gesto sono stati a dir poco lacunosi, maldestri, inconsistenti, tanto da rasentare il ridicolo. I napoletani, e non solo, dato che lo sconcerto è comune a tutti i meridionali che conoscono la storia e la portata identitaria e culturale di quel simbolo, hanno sùbito sentito puzza di bruciato e sono giunti alla conclusione che il motivo del sequestro deve essere una scelta precisa in quel senso, una scelta nient’altro che politica. Di tale avviso è anche lo scrittore Angelo Forgione, autore dei libri Made in Naples Dov’è la vittoria, oltre che fondatore del movimento V.A.N.T.O., che abbiamo intervistato per conoscere la sua opinione in merito.

Qual è secondo Lei il motivo del sequestro delle sciarpe? In passato gadget con lo stemma borbonico sono entrati tranquillamente, perché ora è cambiato?

Le cose sono cambiate da quando gran parte dei tifosi napoletani ha sposato questa simbologia, e pure il Calcio Napoli. Il fenomeno si è fatto ampio e alle istituzioni del Calcio, strettamente collegate a quelle governative, questa situazione non è sfuggita. La verità è che c’è tutto un sentimento latente: quello del Napoli è l’unico stadio d’Italia che fischia l’inno ufficiale della Serie A (‘O Generosa’ di G. Allevi), ed è l’unico in cui non vengono sventolate bandiere tricolori ma sempre più bandiere bianche con stemma reale insieme a quelle azzurre della squadra. Aggiungiamo inoltre i vari striscioni di dissenso storico contro la “malaunità” che sono spuntati negli ultimi anni, quello più recente contro il carcere risorgimentale di Fenestrelle… senza dimenticare che, nelle due ultime finali di Coppa Italia disputate dal Napoli a Roma, i tifosi partenopei hanno fischiato sonoramente l’inno di Mameli. Tutte queste manifestazioni, evidentemente, hanno fatto dello stemma borbonico l’obiettivo da colpire, il simbolo di qualcosa da arginare e reprimere. Non è un caso nemmeno che, circa un mese fa, sia stata ritirata dal mercato la linea di abbigliamento con quel simbolo firmata dallo sponsor tecnico del Napoli, nonostante il grandissimo successo di vendite che stava facendo registrare. È evidente che si stia cercando di arginare la crescita di un sentimento identitario. Lo stadio è un luogo particolare, al centro dell’attenzione mediatica e sotto tiro di decine di telecamere.
Il fatto è che in questo Paese, che mette insieme tanti italiani, si continua a fingere che esista l’italiano solo, e che tutti abbiano la stessa cultura e la medesima identità. Da un secolo e mezzo si negano le identità, con danni enormi alla stessa unità, e chi cerca di riaffermare la propria è sistematicamente arginato. Quella napoletana, poi, è pure ingombrante, e spaventa non poco. E però ti accorgi che i partiti politici secessionisti, quelli razzisti e incapaci di dare connotati culturali alle loro azioni, hanno vita facile, e influenzano l’humus di un certo Nord, le cui manifestazioni contro i napoletani finiscono poi negli stadi con un razzismo ormai cronico e incontrastato.

Perché le istituzioni temerebbero un risveglio identitario di Napoli?

Rispondo da scrittore, quindi da intellettuale, non da sociologo. Quel simbolo è identità, e l’identità è cultura, nient’altro che cultura. Ma voi davvero pensate che i leghismi siano accompagnati dalla conoscenza? Chi agisce per censura teme derive e rovesciamenti violenti, ma teme principalmente la propria debolezza. Ma non mi risulta che dietro questa simbologia, e quello che rappresenta davvero, vi sia qualcuno che stia strumentalizzando un certo sentimento identitario per creare partiti o movimenti politici secessionisti. Tutta questa paura per un simbolo storico e per la conoscenza, che peraltro rappresenta un momento importante della storia di Napoli e del Sud, è l’unica cosa davvero preoccupante di tutta questa vicenda.

Secondo Lei, Napoli può trascinare con sé tutto il Mezzogiorno in questo risveglio identitario?

Il Sud che guarda a Napoli è quello che conosce la Storia. Viceversa, si è un po’ ostili ai napoletani anche da meridionali. I pregiudizi sono figli dell’ignoranza, al Nord come al Sud. Conoscere Napoli da un punto di vista storico-culturale significa riconoscerle il ruolo di guida, di faro del Mezzogiorno che ha ricoperto per secoli. Non è un caso che, nel Calcio, sia l’unico club meridionale capace di competere, qua e là nel tempo, coi grandi club del Nord. Un risveglio identitario è temuto perché Napoli è comunque il baluardo del Meridione, e i meridionali avvertono di essere trascurati e penalizzati. Se si scuote Napoli può darsi che un bel po’ di gente si accorga di tante bugie, e magari imbocchi la strada giusta.


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