Il cuore di Napoli: “Città senza periferie” dona cibo a 300 famiglie in difficoltà


Sono molti i territori nella nostra regione che si trovano in situazioni difficili, tra mancanza di cibo e riqualificazione delle aree pubbliche. Proprio per questo nasce l’associazione “Città senza Periferie“, nel 2006. Lo scopo è quello di promuovere lo sviluppo culturale, economico ed artistico in aree particolarmente emarginate della città. Si tratta di un’associazione no profit, impegnata in varie attività tra il comune di Arpino e il quartiere San Pietro a Patierno di Napoli.

Le attività principali dell’associazione sono la distribuzione di cibo inscatolato, tramite una collaborazione con l’associazione onlus “Banco Alimentare della Campania”, e di riqualifica di aree pubbliche, tra cui una scuola di San Pietro a Patierno. Infatti, l’associazione aiuta ben 300 famiglie, formate da minimo 4 persone a nucleo, ed anche persone senza dimora, quindi più di 1200 persone. “L’associazione fornisce mensilmente aiuti alimentari, e noi attraverso loro li distribuiamo, tramite una convenzione che viene rinnovata di anno in anno“, ci ha spiegato il presidente dell’associazione, Michele Attanasio.

Città senza periferie: le attività durante la pandemia

Durante il covid, abbiamo continuato il nostro lavoro. Abbiamo organizzato un mezzo di trasporto fornito da un’azienda, con il quale quotidianamente portavamo cibo alle famiglie nelle immediate vicinanze, che sono sempre le 300. Loro venivano giù a ritirare il pacco. All’inizio, nessuno sapeva a cosa si andasse incontro, quindi molte associazioni hanno sospeso. Mentre noi la mattina caricavano il furgone, andavamo dove risiedono le famiglie e le contattavamo per scendere a ritirare tutto, dato che abbiamo tutti i loro dati“, ci spiega sempre il presidente.

Questi volontari agiscono sul territorio quotidianamente dalle 18 alle 20. Quando il cibo da distribuire termina, aspettano circa 10 giorni per il nuovo carico, e durante questo periodo di pausa si occupano delle aree pubbliche. Infatti, effettuano uno screening delle aree che si trovano in peggiori condizioni, e si dedicano a quelle zone. Inoltre, tra i volontari c’è anche un’ebanista che addirittura si occupa di restaurare le panchine di Napoli.

Cosa si prova nell’aiutare il proprio territorio?

La sera, quando rientri a casa magari anche distrutto, soprattutto quando scarichiamo gli alimenti, che è una faticaccia, ti senti soddisfatto perché dici ‘ho fatto qualcosa per la collettività’. Non è un modo di dire, noi ci sentiamo soddisfatti, anche perché siamo tutte persone che lavorano o che si trovano in pensione. Nei nostri limiti e nel nostro piccolo, cerchiamo di accontentare più zone possibile“, afferma il presidente, impegnato come tutti gli altri in prima linea. Per il momento, le attività dell’associazione restano principalmente queste due citate, anche perché la collaborazione da parte della cittadinanza non è molta.

Ci siamo fossilizzati in questa zona perché c’è molto da fare. Noi ci sosteniamo soprattutto con il 5×1000, dato che siamo riconosciuti dalla Regione Campania, ma quando c’è bisogno ci sovvenzioniamo da soli. Infatti, ci chiamano anche ‘volontari puri‘. Purtroppo chi vuole fare questo lavoro, deve partire da questo concetto.”


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