Quali sono stati i primi proverbi della storia?


Rispondere a questa domanda, chiaramente, non è facile! Mi sono avvalso di un saggio molto ricco, edito da Mondadori: “La Storia“. Quest’importante enciclopedia storica è stata realizzata dalla Redazione Grandi Opere di UTET Cultura e dall’Istituto Geografico De Agostini. La ricerca è stata coordinataa da Massimo Salvadori e diretta da Enrico Cravetto. Gli autori sono Paolo Matthiae, Mario Attilio Levi, Edda Bresciani, Andrea Pellizzari, Silvia Giorcielli.

Bisogna fare una doverosa premessa: il proverbio, con molta probabilità, è un monito che i genitori lanciavano ai propri figli e che questi a loro volta, davano ai propri discendenti. Così facendo si è inaugurata una tradizione orale che ha potuto racchiudere il pensiero di un popolo, la filosofia di un insieme di persone che condividevano gli stessi processi storici e le stesse difficoltà.

Si potrebbe anche osare che questa sia la stessa fonte della religiosità e della mitologia. In altri termini una reazione, un modo per comprendere l’Universale, e ridurlo ad una dimensione tale, da non sembrare così inafferrabile e, di conseguenza, ingestibile. Molti antropologi sostengono che questo desiderio di comprendere il Tutto e ridurlo ad un punto tale da essere comprensibile e spiegabile, abbia dato origine alla scrittura. Ed ancora, la psicologia contemporanea sostiene che il Luogo Comune sia nato dal bisogno di semplificare la molteplicità dell’esistenza, ovvero, per dirla in modo più semplice, catalogare tutto ciò che ci circonda, dandogli una comoda etichetta.

Insomma, l’uomo, da sempre, ha avuto l’incessante bisogno di ridurre il mondo, ad un’unità semplice, per poter sopravvivere, e per non farsi sopraffare da questa realtà, che gli pareva così imponente. Torniamo però ai proverbi.

Nella storia si sa che ad un certo punto le tradizioni orali, si riversano in quelle scritte. E secondo molti storici, sembra che anche per il detto popolare sia andata così. Possiamo addirittura darne una data. Siamo fra il 2250 a.C. e il 2004 a. C., in piena età NeoSumerica. Per comprendere ancora a meglio questo articolo, bisogna fare un excursus storico. Dopo i primi insediamenti umani, in Mesopotamia, si hanno le prime testimonianze di un tentativo di formare una civiltà, in senso più o meno contemporaneo.

Per tale motivo, nel 2900 a. C. circa, si formano le prime città – stato Sumere. Siamo ben lontani dalla formazione di uno stato in senso moderno, e la stessa popolazione, in realtà, non sfiora neppure il concetto dei giorni nostri. Le varie città formavano un controllo a se stante, e spesso, nonostante fossero tutti quanti Sumeri, si scontravano gli uni con gli altri. Abbiamo infatti il susseguirsi di diverse dinastie, ognuna delle quali occupa la propria porzione di territorio.

In questo periodo spuntano i primi germogli di una sorta di cultura, che rimane ancora fra la tradizione orale e le rappresentazioni figurative. Si sviluppa la mitologia, la letteratura, l’arte, la religione, ma sono in una fase ancora primordiale. Manca un’escatologia (vita ultraterrena), le liriche sono a volte ripetitive, non vi è una corrente letteraria che accomuna tutta la popolazione, etc …

Con l’arrivo del mitico sovrano Sargon di Akkad, si inaugura un’altra fase, il primo vero impero della storia: l’età degli Akkadi (2370 a.c.). Poiché Akkad però altro non è che una città Sumera, insorta e che ha occupato gran parte della Mesopotamia, in realtà stiamo parlando di altri Sumeri, che però si sono imposti, su tutti gli altri, e che hanno deciso di darsi un nome, che ricordasse la loro città d’origine. In questo periodo, fra l’altro florido e ricco, si affina la cultura, e si inaugura una prima forma di tradizione scritta.

Finalmente arriviamo al 2250 a.c., anno in cui Ur, la prima città – stato che era entrata in crisi nel vecchio sistema sumerico, ed era stata demolita dall’invasione delle vicine Lagash e Kish, s’impone nuovamente, fondando però questa volta una forma più organizzata di governo, un vero e proprio sistema burocratico – amministrativo, insomma una vera e propria monarchia. Per tale ragione si parla di monarchia NeoSumerica, ma è chiarissimo che dal 2900 al 2004 a. c., abbiamo avuto nient’altro che l’avvicendarsi della storia dei Sumeri.

Perché è stata necessaria tutta questa premessa? Perché con l’apertura di questo nuovo periodo storico, le vecchie tradizioni letterarie e culturali, cominciano ad assumere una forma sempre più precisa, dando il via a delle vere e proprie correnti. Abbiamo i primi poemi mitologici scritti, i primi Inni a dei, sovrani e  templi, le prime cosmogonie, i primi poemi e anche la prima forma di lirica cortigiana. Insomma, l’inizio di un po’ di tutto. Quel che a noi interessa è la cosiddetta letteratura sapienziale, l’insieme di quel che potremmo letteralmente definire la saggistica del suo tempo.

In queste opere scritte si diffonde il tema molto sentito del “saggio sofferente”, ovvero dell’uomo sapiente e colto, che, nonostante tutti i suoi sforzi e malgrado la sua conoscenza, è preda della cattiveria delle divinità. Si, perché nella tradizione religiosa sumerica, gli dei dispensano il bene e il male, ma, se nella vecchia tradizione ciò si basava sull’agire umano, in questa nuova cultura la concezione si avvicina a quella di una Sors – tis ceca e indifferente.

Ed è proprio questa atmosfera a rivelarsi fertile per la nascita dei proverbi, o quanto meno quelli scritti, i più antichi testimoniati fin ora! Prevalentemente nei saggi, ma anche in tutte le altre forme di scrittura, il fulcro della tematica che si è voluta esporre con il proprio racconto, viene riassunto in frasi molto piccole, che in breve tempo rientrano nella tradizione popolare e familiare. Ed è in questo modo che nascono i detti!

Pare che i primi due siano proprio i seguenti:

“Dove c’è la bocca non c’è la mano”

Ciò che piace si trova, ciò che non piace si perde!”

Un’ultima precisazione: noi non vogliamo assolutamente ritenerci titolari unici della verità, tutt’altro, e sopratutto se si tratta di argomenti del genere! Questo articolo è frutto di una ricerca particolare, ma nonostante il nostro sforzo, chiediamo a chiunque ne sappia di più o che abbia una teoria diversa, di non esitare ad esporcela.

 


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