Briganti, quattro anni di lotte: l’intervista (seconda parte)


Questa è la seconda parte dell’intervista fatta agli amministratori di “Briganti“, che attraverso lo strumento della Rete lottano per diffondere la verità sui fatti passati e attuali del Sud. La prima parte è possibile leggerla qui.

Il problema per eccellenza del Sud sono le mafie, e la loro attività si ripercuote non solo a livello politico-socio-economico, ma anche culturale e dei beni culturali: l’ultima nefandezza in ordine cronologico è il riseppellimento della zona industriale della vecchia Pompei, affinché potesse essere costruito un centro commerciale, e su cui sembra vi sia l’ombra della camorra. Ricordiamo inoltre gli scempi ambientali quali quello della Terra dei Fuochi o la devastazione della Valle del Sarno, per non parlare di chilometri di costa inquinata. Le mafie appaiono perciò cambiate rispetto a qualche decennio fa: cosa sono oggi, in che consistono? In cosa invece non sono cambiate?

“Le mafie non sono mai cambiate, sono sempre le stesse da 153 anni. Cambiano solo gli interessi ed i metodi di guadagno ma per il resto è identica. Spesso si è creato un falso mito della mafia storica “buona” e di quella attuale “cattiva”: niente di più falso!
La mafia come istituzione – e così come la conosciamo – è stata creata dai padri della patria. Per onestà intellettuale non sarebbe corretto far partire la storia della criminalità organizzata dall’Unità d’Italia, in quanto già esistevano germi di prepotenze e piccole organizzazioni di derivazione feudale. Ciò che non è accettabile è il fatto che tali germi siano stati innaffiati dal dopo-Unità, tanto da far nascere l’albero chiamato Mafia. La Terra dei Fuochi che voi citate ne è l’emblema più forte: secondo voi, se la camorra fosse stata legata al territorio, avrebbe mai potuto distruggere l’agricoltura della propria terra, avrebbero mai potuto uccidere i bambini di tumore? E invece l’hanno fatto, e lo hanno fatto perché sono sempre stati “esterni”, non sono mai appartenuti alla nostra terra”.

Su cosa deve puntare il Mezzogiorno per tornare allo splendore che l’ha storicamente caratterizzato?
“Siamo fermamente convinti che i nostri territori debbano puntare sull’enorme patrimonio naturale e culturale di cui sono dotati. Le nostre città e i nostri borghi sono ricchi d’arte e cultura, ma questo patrimonio non viene valorizzato a causa dell’assenza totale di politiche strutturali e infrastrutturali, mentre siti affermati come Pompei o Caserta sono minacciati dal degrado e rischiano danni irreparabili. Abbiamo, inoltre, paesaggi che il mondo ci invidia e non mi riferisco solo a quelli più noti e decantati delle zone costiere, ma anche e soprattutto a quelli quasi sconosciuti delle aree interne che nulla hanno da invidiare alla campagna umbra o toscana. Le risorse naturali riguardano poi anche l’agroalimentare, che è un settore che dovrebbe vederci primeggiare e, invece, viene mortificato, da un lato, dalle emergenze ambientali e, dall’altro, dal mercato interno italiano che vuole un Sud consumatore e importatore (di quanto prodotto in altre regioni) e non produttore ed esportatore (verso altre latitudini). Per questo dobbiamo prima di tutto cominciare ad amare, valorizzare e proteggere i nostri territori e la nostra cultura millenaria, cominciando a pensare e progettare in maniera collettiva, unendo le forze e le idee di tutti possiamo diventare nuovamente fonte di ispirazione per il resto del mondo”.

CompraSud

Quali sono le iniziative pratiche vostre o che appoggiate che sono già in atto? C’è qualche progetto per il futuro?
“Come già detto il CompraSud è il principale strumento della nostra lotta. Importanti, però, sono anche le altre campagne di sensibilizzazione che portiamo o abbiamo portato avanti. Ci preme ricordare, infatti, la campagna sulla RCAuto e quella sul Museo Lombroso: si potrebbe dire che le idee di Cesare Lombroso sono pienamente applicate dalle compagnie assicurative per giustificare tariffe discriminatorie su base territoriale.

Per far sì che la nostra azione possa diventare più organica e avere una base che non si disperda nel web, nel 2013 siamo partiti con l’Associazione Briganti che si propone di dare concreto sostegno sia alle attività finalizzate alla difesa del territorio, dell’economia e delle genti del “Sud”, sia alle battaglie per il risveglio sociale e culturale a partire dalle verità storiche per finire alle verità “scomode” dei giorni nostri”.

L’Unione Europea e/o la globalizzazione possono essere un aiuto al risollevamento del Sud? Perché ed, eventualmente, a quali condizioni?
“Sinceramente crediamo che la globalizzazione, intesa nella sua essenza mercantilistica, non possa in alcun modo aiutare o sollevare le sorti del Sud, e lo stesso vale per altre Nazioni povere del Mondo. Nella sua accezione economica, la globalizzazione è, in prima istanza, strumento di lobbies, multinazionali e grandi gruppi industriali, i cui interessi sono ben lontani dal coincidere con gli interessi dei territori raggiunti dal processo di globalizzazione, che è più simile a un processo di assimilazione, che a un processo simbiotico, come dovrebbe essere.

Un po’ diverso è il discorso relativo all’Unione Europea, che prevede ancora una serie di logiche che sono orientate alla tutela degli interessi delle realtà locali; purtroppo, però, nella sostanza dei fatti, sempre più spesso ci troviamo di fronte all’incapacità e inerzia, se non dolo (caratterizzato da veri e propri dirottamenti di fondi da Sud verso altri territori) dei nostri amministratori nel gestire le risorse che l’Europa ci mette a disposizione”.

Nasce Vesuviolive.it, con lo scopo di fare vera informazione per quanto riguarda tutta l’Area Vesuviana: cosa ne pensa Briganti, così come di progetti simili?
“A Sud manca una vera informazione, manca un giornale. La maggior parte dei giornali venduti al Sud o quelli visitati via web hanno “la sede legale” da Roma in su. Quindi ben vengano VesuvioLive tanti altri come voi. C’è bisogno di fare una grandissima opera di “decolonizzazione” mentale e la si fa anche grazie all’informazione giusta e corretta”.

Chiudiamo con un messaggio di Briganti
“Da quando è nata la nostra Pagina, e poi l’Associazione, la sua struttura ha voluto seguire sempre una linea perfettamente orizzontale, all’interno della quale non esiste e non è mai esistita alcuna separazione o differenza tra amministratori e iscritti, ha voluto essere un “luogo” virtuale dove ci si incontra ogni giorno, ci si confronta e, a volte, per punti di vista differenti, ci si scontra.

Ma nonostante ciò si va avanti, si segue una strada comune che ha il sapore del riscatto, della speranza e soprattutto ha l’unicità del profumo della libertà!
Riteniamo che la conoscenza storica, la valorizzazione della nostra cultura e del nostro territorio possano far nascere una nuova coscienza collettiva in grado di fare rete. Ora immaginiamo migliaia e migliaia di BRIGANTI uniti che lavorano insieme ad un progetto comune, migliaia di voci, di braccia, di idee: tutto questo è Briganti, una forza collettiva che può portare cambiamenti rivoluzionari. L’essere Brigante è diventare “portatori sani” di quel cambiamento che vogliamo vedere, e dunque l’essere Brigante deve trasformarsi in una vita da Brigante“.


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