Vittorio De Sica: nei suoi film tutta la poesia di Napoli


Vittorio De Sica è nato il 7 luglio 1901 a Sora, un paese in provincia di Frosinone che fino al 1927 ha fatto parte della provincia Terra di Lavoro, prima che durante il ventennio fascista fosse assegnata alla Regione Lazio. Una figura molto amata ed apprezzata anche oltre i confini italiani, è stato un attore di commedie sobrie, divertenti, in cui si distingueva per l’eleganza attraverso cui riusciva (e riesce tuttora) a far ridere il pubblico, ma è stato nei panni di regista che ha manifestato tutta la propria sensibilità, la propria grandezza, vincendo ben 4 Premi Oscar come miglior film straniero, in un’epoca in cui il cinema viveva un periodo d’oro. Uno dei principali esponenti del neorealismo, nelle numerose interviste che ha rilasciato ha affermato che una tragedia come la Seconda Guerra Mondiale ha fornito, a lui e a quelli del suo tempo, molto materiale di cui parlare, tanto da mostrare attraverso l’occhio della macchina da presa. La guerra, seppur terminata, aveva accentuato la miseria della povera gente e aveva reso l’umanità più dura, più indifferente, dove gli unici spaccati di speranza e di umanità erano sopravvissuti nei quartieri più popolari, nei paesi lontani dai grandi centri, tra i semplici.

Molto florida fu la collaborazione con Cesare Zavattini, colui che è considerato il teorico del neorealismo: lo sceneggiatore è quasi sempre nei presente nei capolavori girati da Vittorio De Sica, come Sciuscià; Ladri di Biciclette; Miracolo a Milano; Umberto D.; Ieri, oggi, domani; L’oro di Napoli, La ciociara, I Girasoli.  In tutti questi film sono protagonisti, come detto, i semplici e le proprie tragedie che spesso vengono risucchiati dal mondo: ne sono degli esempi Sciuscià, che rappresenta l’infanzia disastrata in un’Italia devastata dalla guerra, Ladri di biciclette, dove un padre a cui è stata rubata la bici con cui svolgeva il suo umile lavoro non riesce più a dar da mangiare a suo figlio, l’incomunicabilità di Umberto D.,  la nuova vita con nuovi drammi, ma che sono sempre gli stessi, de I Girasoli. De Sica però non perde la fiducia nell’umanità, ed è qui che si inserisce ad esempio l’episodio “Adelina” de Ieri, oggi, domani, ispirato a una storia vera e ambientato in una Forcella (ma girato alla Sanità) che si adopera per far uscire di galera la contrabbandiera che per non farsi arrestare metteva alla luce un bambino dietro l’altro, ottimismo che traspare tutto dalle parole di Carminiello, Marcello Mastroianni: “Il popolo di Forcella è mondiale! Si è sollevato in un abbraccio di fraternità!”. Quella speranza che invece è assente, nello stesso film, a Milano, dove la ricca e frivola Anna è tutt’altro che innamorata di Renzo.

Vittorio De Sica sul set di "Ladri di biciclette"

Vittorio De Sica sul set di “Ladri di biciclette”

Napoli ha sempre avuto un posto speciale nel cuore di Vittorio, che ha pensato più volte di prendere casa qui, nella città che amava e che era la città di sua madre: “nu cafone ‘e fora può amare Napoli più di un napoletano”, affermava, ed aveva, ha ragione. Chissà cosa penserebbe oggi, dove vedrebbe la speranza nella Napoli che lo ha omaggiato, si fa per dire, dedicandogli un vicolo disabitato di pochi passi, un insulto alla sua memoria piuttosto che un omaggio: la vedrebbe, io credo, ancora e sempre nelle stradine d’ ‘o popolo vascio, negli occhi, nella spontaneità e nella bontà che è rimasta sempre la stessa, perché ci sono certi luoghi di Napoli dove il tempo non passa, dove vivono ancora seppur in corpi diversi quelle persone che l’hanno fondata e sono rimaste lì, nonostante gli invasori e i dominatori, siano costoro francesi, turchi, austriaci o piemontesi, camorristi. Questo l’aveva capito, sapeva che era il mistero profondo e la poesia di Napoli, sopravvivere a tutto rimanendo uguale a se stessa, perché a Napoli i vichi stretti e i palazzi alti nascondono il Sole ma non il cielo, negli intonaci crollati e nei buchi nelle pietre cresce l’erba, la vita, perché la gente è povera e tuttavia trova il modo di colmare il vico con l’odore di cucinato, perché i vestiti che uno si mette addosso sono sempre gli stessi, però stesi fuori colorano le stradine e le profumano di bucato. Questo è il cinema di Vittorio De Sica, il poeta della speranza.

Questo articolo fa parte della rubrica Figli illustri di Napoli.


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