Napoli, scoperta l'”emoglobina Vanvitelli”: servirà a curare una bambina


Ancora un’eccellenza che viene dalla Campania e che arricchisce le competenze scientifiche. Il gruppo di ricerca del Centro di ematologia e oncologia pediatrica dell’Ateneo Vanvitelli ha scoperto una variante dell’emoglobina che è stata chiamata ‘Emoglobina Vanvitelli’.

Uno studio attento che è partito dal cercare di comprendere quale fosse la causa dell’anemia emolitica cronica (distruzione dei globuli rossi) presente in una bambina sin dalla nascita. Una volta individuata la variante adesso sarà infatti possibile curare la bambina in modo mirato. Dopo anni di studi ed esami costosi, la paziente ha finalmente una diagnosi.

Quella di Napoli è stata una ricerca molto complessa e non facile come spiega Silverio Perrotta, direttore del centro di ematologia e oncologia pediatrica dell’Università Vanvitelli: “La proteina è altamente instabile, cioè si degrada in tempi molto brevi e non può essere evidenziata dai comuni esami diagnostici, come l’Emoglobina Vanvitelli. Per tale ragione la bambina è rimasta senza diagnosi certa per anni, prima di arrivare al nostro centro. Le varianti emoglobiniche spesso non sono considerate nella diagnostica differenziale delle anemie emolitiche congenite, soprattutto se sono presenti altri segni clinici confondenti, come la bassa saturazione di ossigeno, che più spesso implica una patologia respiratoria o cardiaca sottostante”.

Un lavoro di gruppo che è partito dalla ricerca pubblicata su Clin Biochem e cha visto protagonisti Maddalena Casale, ricercatrice presso il Dipartimento della Donna, del Bambino e di Chirurgia Generale e Specialistica e Saverio Scianguetta, biologo presso il laboratorio di biologia molecolare della Vanvitelli. Poi gli esperimenti di proteomica (identificazione della proteina), eseguiti dai ricercatori del CEINGE-Biotecnologie avanzate Flora Cozzolino e Vittoria Monaco, sotto la guida di Piero Pucci, coordinatore del laboratorio di proteomica CEINGE e ordinario di Chimica Biologica dell’Università degli Studi di Napoli Federico II, hanno consentito l’isolamento e la caratterizzazione della nuova emoglobina.

«Le emoglobine varianti sono emoglobine strutturalmente anormali originate da cambiamenti genetici in specifici geni che causano alterazioni nella sequenza amminoacidica – spiega Piero Pucci -. Le malattie che colpiscono la sintesi e la funzione dell’emoglobina sono estremamente comuni in tutto il mondo; fino ad oggi sono state scoperte più di 1000 varianti dell’emoglobina umana, principalmente attraverso le loro manifestazioni cliniche. Questo caso ha evidenziato le insidie analitiche e di conseguenza le difficoltà diagnostiche delle varianti emoglobiniche instabili che possono generare sintomatologie confuse e gravi condizioni cliniche».


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