Vico della Serpe a Napoli: dove la Madonna sconfisse un drago


Napoli – Ogni strada di Napoli racchiude una storia, una tradizione o una leggenda e spesso questo passato riemerge nel nome. Ad esempio c’è una piccola stradina, nei pressi di Porta Capuana, chiamata Vico della Serpe. Potrebbe sembrare uno dei tanti stretti vicoli presenti nella zona Vicaria, ma il suo passato e l’origine del nome affondano le radici in una leggenda quasi del tutto sconosciuta.

La storia ci è stata tramandata da Fra Serafino Montorio, che l’ha scritta nel suo “Zodiaco di Maria, ovvero le dodici provincie del Regno di Napoli”, pubblicato a Napoli nel 1715. Fino ad allora Porta Capuana era l’ingresso alla città e, quindi, tutte le zone oltre di essa erano al di fuori della cinta muraria. In particolare, il luogo dove oggi sorge Vico della Serpe faceva parte di una vasta palude insalubre.

Il frate racconta che all’interno della palude viveva un mostro, un “draco”. Sia in greco che in latino questa parola può indicare sia un drago a tutti gli effetti che un serpente, due figure che comunque nella mitologia si distinguono difficilmente. In ogni caso questa bestia poteva pietrificare esseri umani col solo sguardo, avvelenarli con miasmi infernali, stritolarli fra le sue spire e dilaniarli con i suoi artigli affilati.

Nella leggenda un nobile, tale Gismondo, decide di attraversare la nefasta palude incurante del pericolo. Il suo obiettivo è infatti quello di raggiungere Napoli ad ogni costo e pregare all’altare dove San Pietro celebrò messa. Secondo la tradizione cristiana il primo apostolo si fermò nella nostra città al suo arrivo in Italia e qui iniziò a diffondere il culto cristiano. Gismondo era pronto persino ad affrontare il mostro, ma questo non apparve e lui arrivò incolume a Napoli.

Nella notte al devoto apparve la Madonna che gli disse di aver ucciso la bestia per rendere sicuro il suo passaggio e per salvare la città dalla sua pestilenza. In cambio, Gismondo avrebbe dovuto edificare a suo nome un tempio, una chiesa, dove avesse trovato il corpo esanime del serpente. Solo allora il popolo napoletano sarebbe stato davvero libero dal male. Il mattino seguente il nobile si recò nella palude e trovò il cadavere della bestia, ormai inoffensiva.

In quel punto fondò la Chiesa di Santa Maria ad Agnone. Lo stesso nome “Agnone” sarebbe una trasformazione di “Anguone”, dal latino “anguis”, che tradotto significa “grossa serpe”. La chiesa nell’Ottocento divenne un carcere femminile e venne completamente rasa al suolo dai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale. Unica testimonianza della storia raccontata da Fra Serafino resta il nome “Vico della Serpe”, in memoria di quella bestia sconfitta dalla Vergine.

Nell’iconografia cristiana non è la prima volta che la Madonna schiaccia e uccide una figura draconica: rappresenta come la purezza di Maria allontani il peccato, la bestialità, il maligno. Eppure potrebbe esserci dell’altro. Forse la leggenda potrebbe essere un modo epico di raccontare una bonifica particolarmente vasta e “miracolosa” eseguita nella zona di Porta Capuana e poi consacrata con la nascita della chiesa perduta.

Tuttavia potrebbe esserci un’altra spiegazione al nome di Vico della Serpe e della chiesa di Santa Maria ad Agnone. Uno dei più grandi studiosi di Storia Patria Napoletana, Bartolomeo Capasso, ritrovò proprio nella zona della stradina un pezzo di marmo raffigurante un serpente. Secondo la mitologia greca il serpente era il simbolo della medicina, ancora oggi campeggia sul simbolo delle farmacie, e rappresentava il dio Asclepio, per i latini Esculapio, patrono appunto dell’arte medica.

Lo studioso ipotizzò che al posto della chiesa cristiana sorgesse, al tempo dei romani, un tempio dedicato proprio a questa divinità. Il nome del vico e l’epiteto Agnone deriverebbero quindi non dalla leggenda cristiana, ma direttamente dalla mitologia greca e dall’antico luogo di culto che si ergeva in quelle zone.


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