Gabinetto Segreto: le stanze proibite del Museo Archeologico di Napoli


Napoli – Il sesso è sempre stato una costante nell’arte di ogni tempo: forme falliche, donne formose e scene di amplessi sono state sempre raffigurate sui muri, dipinte o scolpite nella pietra. Per i romani queste espressioni artistiche non erano qualcosa da nascondere o camuffare, anzi simboli di fertilità, divertimento, abbondanza e convivialità. Non era difficile trovare la raffigurazione di un’orgia in una sala da pranzo o organi genitali in pietra per buon auspicio.

Molti di questi frammenti “erotici” della vita quotidiana dei romani emersero nel corso dei primi scavi archeologici fra Ercolano e Pompei. L’Europa di inizio ‘800 non era particolarmente bendisposta verso simili manifestazioni ed i Borbone, per quanto fossero sovrani di più larghe vedute, nemmeno condividevano uno stile di vita tanto dissoluto. Fortunatamente, però, non erano così bigotti da distruggere questi reperti ed, anzi, decisero di esporli nel Real Museo Borbonico, oggi il Museo Archeologico.

In due stanze accessibili dalle scalinate che collegano primo e secondo piano del museo, nascoste alla vista di chi non sa dove guardare, sorse il “Gabinetto Segreto”, nei secoli chiamato anche “Gabinetto degli oggetti riservati”, o anche “osceni e pornografici”. I Borbone decretarono che potessero accedervi solo “persone di matura età e di conosciuta morale”. I moti rivoluzionari del 1848, però, resero i sovrani molto meno tolleranti.

Le opere custodite nel Gabinetto Segreto divennero simbolo delle libertà civili e pertanto andavano nascoste al pubblico. Per qualche anno si discusse circa la loro sorte e furono avanzate numerose proposte per distruggerle, ma nel 1851 l’allora direttore del Museo riuscì a trattare per la loro salvezza proponendo di sigillarle con un sistema che farebbe invidia a qualunque film. Le due stanze vennero chiuse con un portone da tre serrature: le tre chiavi corrispondenti vennero affidate rispettivamente al direttore, al “controloro”, un addetto al controllo dell’area, ed al real maggiordomo reale.

Nemmeno questo sistema accontentò la voglia di censurare: pochi mesi dopo vennero “recluse” all’interno della sezione proibita anche tutte le raffigurazioni di Venere perché mettevano in mostra nudità e, per sigillare definitivamente il tutto, il portone venne murato. Questa assurdità cessò quando Garibaldi occupò Napoli e, siccome non trovò mai la terza chiave necessaria, decise di far scassinare la porta rivelando i tesori custoditi al suo interno.

Tuttavia, il Regno d’Italia non fu meglio disposto dei Borbone nei confronti del Gabinetto Segreto, sottoponendo l’ingresso al suo interno a regole particolarmente rigide. Nel ventennio fascista non si poteva mettere piede all’interno delle due stanze senza un’autorizzazione scritta da parte del Ministro dell’Educazione Nazionale. La situazione si affievolì solo nel 1967, quando finalmente i maggiorenni ebbero il permesso di visitare la sezione. Solo nel 2000 il Gabinetto Segreto ha definitivamente aperto al pubblico.

Fonte: Alfonso De Franciscis – Il Museo Nazionale di Napoli


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