Truffe assicurazioni, un avvocato e un giudice a capo del sistema. Come funzionava


Era un vero e proprio sistema quello che ricavava ingenti profitti dalla truffe alle assicurazioni. Un’organizzazione a delinquere che inscenava finti incidenti automobilistici per rivalersi sulle compagnie assicurative e sul fondo di garanzia per le vittime della strada.

Le indagini sono andate avanti per due anni. Cominciate dalla Procura di Napoli, il fascicolo è successivamente passato per competenza alla Procura di Roma perché era coinvolto un Giudice di Pace del mandamento di Sant’Anastasia. Il “capo” di tale organizzazione sarebbe un avvocato del Foro di Avellino, che insieme ad alcuni colleghi redigeva i fascicoli contenenti la ricostruzione della dinamica dei finti incidenti. Il responsabile risultava sempre irreperibile. Grazie a questa architettura, la somma indebitamente percepita ammonta a circa un milione e mezzo di euro.

La Polizia Stradale ha così messo le manette a 10 persone, mentre altre 14 sono state denunciate in stato di libertà. La principale ipotesi di reato è di associazione a delinquere finalizzata alla truffa, oltre a reati contro la fede pubblica e pubblica amministrazione.

La truffe, secondo la ricostruzione dei magistrati, avvenivano in questo modo. Alcune persone venivano ingaggiate, dietro compenso, per recitare il ruolo di finte vittime, mentre altre dovevano recitare il ruolo di testimoni dichiarando il falso. A quel punto la finta vittima dava mandato all’avvocato e veniva contattata da altri soggetti, con i quali si presentava presso le strutture sanitarie per farsi refertare da medici compiacenti. In alcuni casi veniva acquisita la documentazione di pazienti ignari ed attribuita alle finte vittime.

Un’altra modalità invece prevedeva il coinvolgimento del suddetto Giudice di Pace e di un Cancelliere. Nel momento dell’iscrizione a ruolo del fascicolo, il Cancelliere faceva in modo che la pratica venisse affidata al Giudice “giusto”, il quale così poteva stabilire il risarcimento da parte delle assicurazioni.

Ognuno dei soggetti coinvolti nella truffa riceveva un determinato compenso, sempre proporzionale alla cifra dell’indennizzo: più era alto, più intascavano i truffatori.

I capi dell’organizzazione avevano inoltre ideato un sistema per restare nell’ombra costituito da telecamere a circuito chiuso, schede telefoniche, intermediari, assenza di contatti diretti e un codice da utilizzare durante le conversazioni.


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