Video. 26 agosto 1984. La sanguinosa “strage di Sant’Alessandro”


Domenica 26 agosto 1984, ore 12, giorno di S. Alessandro. Presso il Circolo dei pescatori di Torre Annunziata giunge un autobus con sul cruscotto un cartello: “gita turistica”. Nella chiesa adiacente si celebra la prima comunione per molti bambini. Dall’autobus, che si scoprirà rubato a Scalea pochi giorni prima, scendono 14 sicari che, armati di fucili a pompa, iniziano a sparare all’impazzata contro tutti.

Otto morti e sette feriti, questo il triste bilancio di quella che passerà alla storia come la strage di Torre Annunziata o strage del Circolo dei pescatori o anche strage di Sant’Alessandro, tragico fatto di sangue avvenuto nella cittadina vesuviana, in una domenica qualunque.

Ciò avvenne dopo la carcerazione di Raffaele Cutolo e la successiva ascesa del clan Gionta, alleato con quello dei Nuvoletta per il comando di Torre Annunziata in tensione con gli Alfieri e i Bardellino per il controllo dei traffici della droga, del contrabbando di sigarette e del racket del pesce e della carne.

Le tensioni sfociarono nell’omicidio, nel giugno 1984, di un uomo di Bardellino nel mercato ittico torrese che provocò la sanguinosa risposta del giorno di Sant’Alessandro contro il boss Valentino Gionta, dando vita ad una delle spedizioni di morte più cruente che abbiano mai avuto luogo in Campania.

L’ obiettivo era il circolo dei pescatori perché lì, erano soliti intrattenersi gli uomini di Gionta. Il commando di killer, tutti professionisti del crimine, si trovavano a bordo dell’autobus per raggiungere via Castello, rubato il 18 agosto, pochi giorni prima della strage, a San Marcellino di Scalea. I killer fecero irruzione nel Circolo dei Pescatori, quello che oggi si chiama “La Caffetteria” ed eseguirono in pochi istanti quella strage che balzò sulle prime pagine di tutti i quotidiani nazionali. Sangue ovunque e corpi stesi a terra, ma il boss Valentino Gionta riuscì a fuggire, oggi invece recluso al 41-bis.

La strage fu raccontata da Giancarlo Siani, cronista de Il Mattino, che con quell’articolo firmò la sua condanna a morte perché aveva pubblicato informazioni offensive secondo il clan e perché, probabilmente, era andato troppo vicino alla verità, svelando l’arresto del boss Valentino Gionta “cantato” dai Nuvoletta per patteggiare una tregua con i clan rivali. “Dopo il 26 agosto dell’anno scorso – scriveva Siani nell’articolo del 10 giugno 1985il boss di Torre Annunziata era diventato un personaggio scomodo. La sua cattura potrebbe essere il prezzo pagato dagli stessi Nuvoletta per mettere fine alla guerra con l’altro clan di ‘Nuova famiglia’, i Bardellino“. “Gionta Valentino – continuava – un personaggio scomodo anche per gli stessi alleati. Un’ipotesi sulla quale stanno indagando gli inquirenti e che potrebbe segnare una svolta anche nelle alleanze della «Nuova famiglia». Un accordo tra Bardellino e Nuvoletta avrebbe avuto come prezzo proprio l’eliminazione del boss di Torre Annunziata e una nuova distribuzione dei grossi interessi economici dell’area vesuviana“.

Dal film Fortapàsc” del 2009, diretto da Marco Risi, sulla breve esistenza e la tragica fine del giornalista Giancarlo Siani:

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