“Non si affitta ai settentrionali”: Sud accusato di razzismo, ma la scritta è un fake


Ha fatto molto discutere in queste ore un’immagine diventata virale sui social: “Non si affittano case ai settentrionali”. È un messaggio totalmente ironico con il timbro evidente di una famosa pagina satirica (Kotiomkin) ma qualcuno l’ha presa sul serio, soprattutto alcune testate nazionali che hanno preferito “ribaltare” la situazione di discriminazione, richiamando anche quel vittimismo napoletano (stavolta al contrario) di cui spesso molti si lamentano. Insomma, è come aver preso per vero un post di Lercio.

Intendiamoci, la scritta seppur ironica è di gusto più che dubbio. In un’emergenza, più sociale che sanitaria, come quella che sta vivendo l’Italia è estremamente inopportuna, poiché erano prevedibili le conseguenze. 

Inutile dire che questa espressione non appartiene al Sud che è da migliaia di anni terra di accoglienza e di scambio di culture, che sa cosa vuol dire avere le porte in faccia giacché per 160 anni è stato abituato a leggere “non si affitta ai meridionali”, per cui sarà quasi impossibile leggere questi messaggi nel meridione.

Sono infatti da sempre i meridionali ad essere vittime di discriminazioni razziali, da quando dopo l’unità d’Italia, con lo spostamento delle ricchezze territoriali da Sud a Nord (oro, industrie e macchinari), diventammo emigranti e subimmo offese e insulti che ancora li subiamo (recenti i casi dell’abitazione rifiutata ad una ragazza pugliese o dei cori bresciani con “napoletani coronavirus”, i quali si sono poi scusati non con i napoletani, ma con le vittime del virus).

E pensare che prima del 1860 erano i padani (termine coniato solo a fine ‘900) ad emigrare da noi. Eppure una parte della stampa nazionale rilancia la notizia come quella di Ischia che “non vuole i lombardo-veneti”, “razzismo contro il nord”, mentre probabilmente si trattava solo di una pura e semplice paura, quella di non riuscire a garantire poi le cure necessarie alla propria isola o eventualmente alla propria regione.

Quando si parla di tanti fondi che non raggiungono il Sud, ma che vengono dirottati in altre parti del Paese (840 miliardi sottratti al Sud secondo Eurispes 2020), si intende proprio questo, ed in molte zone come Ischia sarebbe veramente difficile gestire un’epidemia di questo genere. Eppure tali scelte vengono bloccate in nome dell’unità nazionale, che qui c’entra ben poco, i virus non guardano i confini.

Abbiamo dimostrato spesso che se il Nord chiude il suo bilancio in positivo, lo deve specialmente a quei meridionali che comprano i suoi prodotti (ben 70 miliardi di euro all’anno), che si curano nelle sue regioni (per miliardi di euro), si istruiscono nelle stesse, e quel circolo vizioso continua con un Sud che paga ed un Nord che prende. Altro che virtù, visto che spesso sono proprio i meridionali quelle eccellenze di cui il nord si vanta.

Razzismo? Questa è un’altra cosa, e magari questa parola dovrebbe essere usata da quelle testate quando in curva cantano cori antinapoletani (“Vesuvio lavali col fuoco, Napoli colera, Terroni lavatevi”), quando vengono avviate raccolte fondi solo per salvare alcune parti del Paese dopo un nubifragio o quando viene ucciso un povero Ciro Esposito solo perché napoletano, o ancora di fronte a scelte politiche che favoriscono una sola parte del Paese o nascondendo lo scoop di quei famosi 840 miliardi di euro che spettavano al Sud, dal 2000 al 2017 dirottati anche essi in terre padane.

Magari si può parlare di razzismo quando negli ultimi 20 anni si è permesso che 2 milioni di meridionali partissero dal Sud per andare a lavorare e produrre al Nord, perché nello stesso Paese non sono garantiti gli stessi diritti, le stesse opportunità, strutture e servizi da Nord a Sud, così i problemi del Sud restano del Sud, “deve cavarsela da solo”, o magari lanciando qualche fondo extra ogni tanto che a poco serve, le cui cifre sono inferiori ai fondi che gli spetterebbero nell’ordinario.

Non si tratta di razzismo e neanche di legittima difesa, ma di paura e la paura spesso porta alla prevenzione, ma forse questa è un modo più complicato di gestire le cose ed è meglio ancora una volta dare la colpa… al Mezzogiorno. Intanto per seguire queste decisioni politico-amministrative, anche al Sud cominciano ad esserci primi casi di contagio, precisamente a Palermo, in cui tuttora sono stati messi in quarantena dei turisti bergamaschi risultati positivi ai test.


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