Quando Morandi si dimise da presidente onorario del Bologna per i cori contro Napoli
Apr 07, 2025 - Stefano Esposito
Sono passati più di undici anni da quel 20 gennaio 2014, quando Gianni Morandi, voce immortale della canzone italiana e tifoso appassionato del Bologna, decise di voltare le spalle alla carica di presidente onorario del club rossoblù.
Una scelta che fece rumore, dettata dall’indignazione per i cori razzisti e gli striscioni offensivi contro i napoletani, esplosi durante una partita contro il Napoli allo stadio Dall’Ara. Oggi, a distanza di tempo, quella vicenda resta un monito per il calcio italiano, un episodio che segnò un prima e un dopo nella storia del tifo bolognese.
“Vesuvio lavali col fuoco”, e Gianni Morandi si dimise da presidente del Bologna
Era una fredda domenica d’inverno quando il Bologna ospitò il Napoli per un match di Serie A che terminò 2-2. Ma a fare notizia non fu il risultato, bensì ciò che accadde sugli spalti. Dalla curva Andrea Costa, roccaforte dei tifosi più accesi, si levarono cori come “Vesuvio, lavali col fuoco” e striscioni provocatori del tenore “Sarà un piacere quando il Vesuvio farà il suo dovere”.
Un attacco diretto non solo alla squadra avversaria, ma a un’intera città e alla sua gente. Morandi, che aveva voluto omaggiare l’incontro con la diffusione di “Caruso” di Lucio Dalla – un brano simbolo di unione tra Bologna e Napoli –, assistette sgomento ai fischi che coprirono la musica e agli insulti che seguirono.
“Mi sono vergognato”, scrisse allora su Facebook, in un post che divenne virale. “Non credevo che il tifo potesse cadere così in basso. Quegli striscioni e quei cori erano un oltraggio non solo a Napoli, ma anche a Lucio, che amava entrambe le città”.
La sua decisione fu immediata: rinunciare al ruolo di presidente onorario, una carica simbolica che aveva accettato con entusiasmo nel 2011, ma che dopo quell’episodio gli sembrava insostenibile. “Non mi riconosco in chi insulta con questa maleducazione”, aggiunse, lasciando intendere che per lui il calcio doveva essere gioia, non odio.
La reazione fu polarizzante. Da un lato, arrivarono i plausi: il sindaco di Napoli Luigi De Magistris lo ringraziò pubblicamente, definendolo “un uomo di valori”, mentre il consiglio comunale di Bologna si scusò ufficialmente con la città partenopea.
Dall’altro, una parte della tifoseria rossoblù non gli perdonò il gesto. Nei giorni successivi, comparvero striscioni come “Morandi, fuori dai maroni”, segno di un rancore che durò a lungo tra gli ultras più intransigenti.