Don Pedro de Toledo, viceré che salvò Napoli dalla peste e… costruì via Toledo!

Don Pedro Alvarez de Toledo


Via Toledo ha sempre rappresentato il cuore pulsante della vita di Napoli ed ancora oggi è una delle strade maggiormente conosciute della città. La sua costruzione si deve al viceré Pedro de Toledo, nel 1536, da cui prese il nome, ma la via non è l’unico traguardo del potente uomo politico. In ossequio a un’assurda logica di celebrazione del Risorgimento, che ha sconvolto la toponomastica cittadina, nel 1870 il nome della strada fu modificato in via Roma, tornando all’originale denominazione nel 1980.

Pedro Alvarez de Toledo y Zuniga nacque a Salamanca il 13 luglio del 1484. Della sua vita si conosce molto poco: sicuramente raggiunse, tramite il matrimonio con Maria Osorio y Pimentel, il titolo di marchese di Villafranca e questo lo fece entrare di diritto alla corte dell’imperatore Carlo V d’Asburgo che, al tempo, regnava su Germania, Spagna, Nord Italia e su Napoli. In quel periodo la nostra città era tormentata da problemi gravissimi e fame, miseria e morte avevano invaso le strade. Nel 1529 si era conclusa una violentissima epidemia di peste che aveva causato la morte di oltre 60.000 napoletani, mentre, dal mare, i pirati barbareschi sbarcavano indisturbati massacrando, derubando e martoriando le zone circostanti.

Nel 1532, per fronteggiare questa situazione critica, Carlo V decise di inviare a Napoli, come viceré, Don Pedro che negli anni di servizio si era fatto conoscere come uomo determinato e dal pugno di ferro. In pochissimi anni, infatti, il nuovo governante trasformò la città, a cominciare da strade e strutture devastate dalla peste e dalle scorrerie. Via Toledo fu l’esempio di questo riassetto e rimodernamento urbano. Don Pedro trasformò l’indifesa città in una delle roccaforti più impenetrabili del vasto impero spagnolo: le mura furono potenziate mentre fu ricostruito Castel Sant’Elmo per sorvegliare dall’alto, con i suoi potenti cannoni, l’intera città.

Il viceré si preoccupò anche di costruire nuove zone residenziali per ospitare la nobiltà ed i possidenti spagnoli: grazie a lui, infatti, venne creata la zona di Santa Chiara. Don Pedro organizzò anche l’esercito, utilizzando come caserma l’imponente Castel Capuano ed erigendo residenze militari in quelli che, oggi, sono conosciuti come “Quartieri Spagnoli”. Rimaneva da fortificare e difendere soltanto il resto del Golfo dalle incursioni nelle aree intorno alla città. Così, come aveva fatto per Napoli, il viceré ricostruì e ripopolò Pozzuoli, disabitata e distrutta dopo una violenta eruzione e disseminò l’intera costa con oltre trecento torri di guardia contro i pirati.

dipinto Don Pedro de Toledo

Dipinto di Don Pedro de Toledo

Nel 1540 Don Pedro fondò anche l’Ospedale di San Giacomo per offrire assistenza sanitaria ad i militari spagnoli, l’attuale Municipio, ed, al suo interno, fece erigere la Real Basilica di San Giacomo degli spagnoli. Nel 1550, sentendosi malato ed acciaccato dagli anni, il viceré commissionò un sontuoso sepolcro proprio all’interno della basilica da lui creata. L’imponente opera in marmo fu commissionata allo scultore Giovanni da Nola e vantò il lavoro dei migliori artisti di Napoli come Annibale Caccavello e Giovanni Domenico D’Auria. A loro due si attribuiscono le statue raffiguranti le personificazioni delle quattro virtù cardinali: Temperanza, Prudenza, Fortezza, Giustizia. Sovrastano il monumento le statue di Don Pedro e della moglie.

Sepolcro del vicerè don Pedro de Toledo

Sepolcro del viceré don Pedro de Toledo

Purtroppo, il viceré non riuscì mai ad essere custodito nella sua ultima dimora. Nel 1553, Carlo V lo inviò a sedare una rivolta popolare a Siena, ma il viaggio fu fatale per le condizioni fisiche dell’anziano governante. Ritiratosi a Firenze per ricevere cure mediche morì lì e fu sepolto della cattedrale fiorentina di Santa Maria del Fiore. La miglior descrizione, forse fin troppo dura, del vicariato di Don Pedro de Toledo ci viene fornita da Benedetto Croce nella sua “Storia del Regno di Napoli”: “Il viceré Toledo, forte del consenso di Carlo V, tenne ad essere non già amato, ma temuto, sciolse le accademie per sospetti di novità religiose e politiche, cercò di reintrodurre l’Inquisizione, e, non pago di domare i baroni, fece sentire il suo pugno pesante sui patrizi, la città e il popolo”.

Fonti:
Palazzo Toledo, sito web
Benedetto Croce: Storia del Regno di Napoli
Antonio Ghirelli: Storia di Napoli


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