Giotto a Napoli: quali e dove sono le sue opere d’arte ancora esistenti


Giotto di Bondone nasce a Colle di Vespignano presumibilmente nel 1267. Secondo la leggenda sul pittore, il suo esordio ha luogo grazie alla conoscenza con Cimabue che lo vede in atto a disegnare una pecorella sulla roccia, la sua bravura convince l’artista a farlo lavorare con lui.

Giotto è il padre della pittura italiana, nei suoi disegni si ha un abbandono alla bidimensionalità e astrattezza dell’arte bizantina, per abbracciare delle immagini molto più reali e tridimensionali.

Una delle sue opere che gli ha dato una fama immortale sono gli affreschi, risalenti all’incirca nel 1296, presenti nella basilica superiore di Assisi che raffigurano le Storie di san Francesco. Trattasi di 28 riquadri che descrivono la vita del santo, cioè dalla sua gioventù alla dipartita. I fatti narrati si snodano tra verità e leggenda.

Il pittore opera in lungo e in largo per l’Italia: Roma, Firenze, Assisi, Rimini, Padova, Napoli, etc.

In una delle sue ultime tappe rientra Napoli, negli anni 20 – 30 del 1300. Grazie al Vasari, sappiamo che è invitato a Napoli da Carlo di Calabria con il grado di signore della città. La sua operosità nella città partenopea degli Angiò è decantata da Dante Alighieri nel canto XI del Purgatorio, da Giovanni Boccaccio nell’Amorosa Visione e Petrarca nel suo Itinerarium Syriacum. Il suo intenso lavoro a Castel Nuovo (Maschio Angioino) è accertato attraverso i documenti angioini in cui sono presenti i pagamenti effettuati a Giotto, e alcune fonti cinquecentesche confermano gli interventi del pittore nel monastero di santa Chiara. Oggi, non ci sono più molte tracce delle sue opere, salvo pochi frammenti.

Il pittore ha disegnato una serie di affreschi con riferimenti all’Antico e Nuovo Testamento nella Cappella Palatina di Castel Nuovo. Attualmente sono presenti poche decorazioni, ossia fasce riccamente adornate da finti mosaici, racemi, foglie, frutti, clipei in cui sono rappresentati testine, busti e stemmi. Dato la mole di affreschi, ci lascia immaginare che il pittore fosse affiancato dai suoi allievi.

Giotto, uno degli affreschi presenti nella Cappella Palatina di Castel Nuovo. Fonte: http://www.luoghigiottoitalia.it/o.cfm?id=43

Secondo alcuni personaggi come Ghiberti, Gaddiano, Vasari, Boccaccio e Barattone, Giotto realizza un altro ciclo di affreschi raffiguranti uomini illustri del passato nella Sala Grande, tuttavia Petrarca nel suo Itinerarium Syriacum non fa alcun accenno. Siccome il suindicato ciclo di affreschi non è più presente, vi è il beneficio del dubbio della sua esistenza.

Nel monastero di Santa Chiara è presente un Calvario insieme a un Compianto sul Cristo morto. Essi sono identificabili attraverso un’immagine crocifissa posta in alto a sinistra, forse trattasi di un ladrone, nella parte centrale sono presenti gli angeli in preda alla disperazione e nelle vicinanze, cioè nella parte mancante, probabilmente stava Gesù disteso a terra circondato da donne doloranti.

Nella parte inferiore della parete è raffigurato un coro, si dibatte tra studiosi se appartiene o no a Giotto. La paternità è dubbia anche su alcuni disegni presenti sui finestroni di certune cappelle del monastero su cui sono rappresentati clipei, finti mosaici e vegetali. Giotto muore a Firenze l’8 gennaio del 1337.

Giotto, Compianto su cristo morto. Fonte: https://www.tripadvisor.it/LocationPhotoDirectLink-g187785-d8672824-i234672684-Chiesa_di_Santa_Chiara-Naples_Province_of_Naples_Campania.html

Sitografia:

http://www.treccani.it/enciclopedia/giotto_%28Enciclopedia-dell%27-Arte-Medievale%29/

http://www.treccani.it/enciclopedia/giotto_%28Enciclopedia-dei-ragazzi%29/

Bibliografia:

Alessandro Tomei, Giotto e il Trecento, Roma, Skyra, 2009


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