La più sfortunata tra le regine di Napoli: la storia di Isabella del Balzo raccontata da Benedetto Croce


La più sfortunata tra le regine di Napoli: la storia di Isabella del Balzo – La città di Napoli pullula di storie e leggende particolarissime, alcune più conosciute e altre meno. A proposito di ciò, c’è un volume dello storico e filosofo Benedetto Croce (1866-1952) intitolato proprio “Storie e leggende napoletane” che raccoglie ben 19 storie diverse su personaggi e/o luoghi di Napoli.

Tale volume vide la luce nel 1919 e raccoglie una serie di scritti di Croce degli anni precedenti. A questa prima edizione ne fecero seguito una seconda del 1923 con alcuni ritocchi e una terza del 1942 rivista e con l’aggiunta di due saggi. Tra queste storie spiccano quella di Lucrezia D’Alagno e Tirinella Capece ma anche la leggenda di Niccolò Pesce e quella del coccodrillo di Castelnuovo.

Il settimo racconto presentato da Benedetto Croce riguarda la sfortunata storia di Isabella del Balzo (1465-1533) regina di Napoli e consorte di Federico I e risale al 1897. Quando la povera Isabella entrò a Napoli nell’ottobre del 1497, sembrava che le immeritate sventure della donna fossero finite e che fosse finalmente iniziata la sua felicità.

Per dare alcuni esempi delle sue sventurate vicende: già duchessa del Monte, Isabella fu fidanzata per tre anni con Francesco d’Aragona, figlio del re Ferrante, che morì in giovane età. In breve tempo la povera futura regina perse madre e fratello. Mentre suo padre, accusato di cospirare contro il re, fu preso e gettato nelle prigioni di Castelnuovo e sparì.

Dopo alcuni anni, Isabella convola a nozze con l’altro figlio di Ferrante, Federico, e sulla coppia si abbattono le sventure della guerra che affligge Napoli e l’intera penisola: la donna è costretta a rifugiarsi in una provincia remota del regno e, a causa della morte del giovanissimo nipote erede al trono, si ritrova a essere regina di Napoli. Non appena salita al trono, però, la guerra ricomincia.

Verso la fine della sua vita, inoltre, Isabella dovette patire le pene del marito in esilio in Francia, ella stessa dovette concludere la sua sventurata esistenza a Ferrara presso Alfonso D’Este e i suoi figli morirono diseredati in terra straniera venendo poi sepolti in Spagna presso il convento di San Sebastiano.

Come se queste sventure non bastassero, coloro che raccontavano la storia di Isabella del Balzo non perdevano occasione di riempirla di aneddoti, coincidenze e possibili profezie: Benedetto Croce, infatti, per riportare nel suo volume questa vicenda, si è rifatto a un poemetto in otto canti intitolato “Lo Balzino” (proprio in onore del nome della casata del Balzo) rinvenuto nella Biblioteca Comunale di Perugia.

“Lo Balzino” fu scritto da Ruggiero di Pazienza di Nardò, un nome ignoto agli storici e alla critica soprattutto perché, in realtà, non era un vero e proprio poeta: potrebbe dirsi, però, un cantastorie in quanto il suo poema è modellato sull’esempio dei poemi cavallereschi dei cantastorie.

Il Pazienza, in ogni caso, non era nemmeno un cantastorie così raffinato: la lingua utilizzata nel poemetto è la solita lingua volgare degli scrittori napoletani del ‘400 intrisa di forme dialettali, ispanismi e francesismi. L’autore scrisse questo poema probabilmente perché bazzicava presso la corte di Isabella e afferma che molte delle vicende che racconta le ha viste con i propri occhi.

Il motivo del poema è l’incessante guerra mossa dalla Fortuna alla povera Isabella del Balzo che, però, cerca costantemente di opporsi alle sventure che le piombano addosso. Questa guerra iniziò addirittura alla nascita della donna, il 24 giugno 1465, poiché la madre partorì tre gemelli, due femmine e un maschio, e Isabella fu l’unica sopravvissuta.

Il periodo dell’allattamento della piccola, però, non fu esente da complicazioni: dopo incessanti ricerche, la nutrice fisicamente adatta alla bambina fu trovata ma, essendo un’ubriacona, fece molto patire la bambina. Nello stesso periodo, intanto, un fulmine colpì il Castello di Minervino dove Isabella viveva distruggendone alcune stanze.

Durante la fanciullezza, invece, la giovanissima Isabella veniva frequentemente presa di mira in ogni modo dalle sorelle gelose della sua bellezza e della sua bontà. La madre, però, prontamente la difendeva e con fare affettuoso e profetico diceva che la piccola, un giorno, sarebbe diventata regina:

“Ognuna de voi bene m’ascolte:
ché questa haverà ad essere Regina;
e fia da voi in reverencia adorata,
ché chi se umilia è sempre più exaltata”.


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