Chiagne sempre ‘a scapillata: storia di un mestiere tutto partenopeo


“Addolorata, affranta, dispiaciuta, costernata assai! E chi la immaginava una notizia simile, chillo ‘o cumpare steve bbuono!” Avete letto? Bene ora provate ad immaginare questa stessa frase, detta con un certo tono di lamento e dolore che fa da sottofondo. Non è uno scherzo, o la scena di un film, bensì il lavoro di professioniste che con quelle frasi portavano soldi a casa.

Queste professioniste avevano il nome di ‘e scapillate. Anticamente, quando in una famiglia veniva a mancare una persona cara, che purtroppo non vantava troppe conoscenze o larghi giri di parentela, per non sfigurare nei confronti di quanti andavano a dare l’estremo saluto al defunto, si affittavano delle comparse che al capezzale della salma e successivamente al corteo funebre, mostravano dolore e disperazione per la perdita della persona in questione.

A molti, da piccoli,  sarò capitato che quando per un capriccio si iniziava a piangere, la nonna era subito pronta a dire “Mi par proprio ‘a chiagnazzara”. ‘A chiagnazzara? Chi è? Con la parola “chiagnazzara”, si  faceva riferimento in modo un po’ più “grossolano e dialettale” a quello che oggi rientra di diritto tra quelli che sono gli antichi mestieri napoletani, ovvero ‘a scapillata.La particolarità di queste donne rientrava nella capacità di riuscire a mostrare un dolore talmente profondo e struggente da apparire quasi reale agli occhi di quanti presenziavano al corteo funebre.

Con il tempo anche questo antico mestiere è svanito, ma tutt’oggi ad ogni corteo funebre, si verificano situazioni altrettanto “divertenti”: alle prime file, immediatamente dopo il defunto c’è chi soffre per la perdita della persona cara, al centro c’è chi finge dispiacere ma in realtà gode della scomparsa, e alla fine, le ultime persone della fila, sono quelle che si sono trovate li per caso e hanno approfittato della folla per fare una passeggiata e parlare dei fatti propri.

Insomma scapillate o  meno, la situazione non cambia, purtroppo oggi, come all’epoca dei nostri nonni, vale sempre ed ancora lo stesso infallibile detto.” ‘O guaio è di chi more, chi resta s’acconcia sempre”.


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