Sant’Angelo a Segno: la chiesa in onore del vescovo che sconfisse i Saraceni


Risalendo alla strada di sopra, si vede Sant’Angelo a segno, parrocchia fondata sin dal 554 ad onore dell’archangelo, per avere il valore de’ napolitani, con l’assistenza di Sant’Agnello allora vivente, e soccorsi da un cavaliere di casa dicono della Marra, discacciati i saraceni, entrati dalla Porta Don’Orsa e sin a quel luogo giunti, ove in memoria vi posero un chiodo di bronzo in marmo (come soleano fare i romani), ed oggi vi si vede con epitaffio, nuovamente posto, ch’esprime il tutto“. Così Domenico Antonio Parrino, in un antico testo del 1700, sintetizza magistralmente la storia della piccola chiesa di Sant’Angelo a segno, sita al civico 45 di via dei Tribunali.

Un edificio religioso nato, dunque, a imperitura memoria di un evento da tramandare ai posteri: l’allora vescovo di Napoli, Sant’Agnello (Aniello), pose fine alle scorribande dei saraceni (turchi) per mezzo del vessillo della Croce e di un’apparizione dell’Arcangelo Michele. Lì, come era solito avvenire già in epoca romana, fu posto un chiodo per “segnare” il luogo di cotanto miracolo. Oggi questo chiodo non c’è più, ma esso è stato sostituito da un epitaffio in latino che ricorda l’intera storia e che recita:

A Dio Ottino Massimo un chiodo di rame infisso in una lastra di marmo, mentre Iacopo de Marra, soprannominato Trono, raccolta una schiera di soldati dalle sue città in Irpinia e nel Sannio, venne in soccorso di Napoli presa dagli africani e grazie a Sant’Agnello, allora abate per volere divino e all’arcangelo Michele, meravigliosamente splendenti tra quelli in prima fila, sottrae la vittoria ai vincitori, dopo che i barbari sono stati battuti e scacciati dalla città al primo assalto. Nell’anno della salvezza 573 dedicato un tempio al celeste protettore dell’impresa e decorato lo scudo gentilizio del liberatore con le insegne della città, a memoria dell’impresa dove la fuga fu iniziata dai nemici, secondo il costume degli antenati ,per decisione del Senato a spese pubbliche e per decisione della curia, regnando per la seconda volta Carlo II, la patria grata pose come premio per l’antico valore”.

Oggi, però, la chiesa non è più quella di un tempo, ma è il risultato dei lavori di ricostruzione condotti nel 1825 dall’architetto Luigi Malesi. Così come le opere una volta esposte al suo interno sono attualmente custodite nel Museo di Capodimonte. Nello specifico si tratta di una Tavola raffigurante S. Michele Arcangelo, posta sull’altare maggiore, opera di Francesco Pagano – attribuita da Monsignor Gennaro Aspreno Galante a Angiolillo Boccadirame nel XV secolo; un San Tommaso di Canterbury della scuola del Balducci; la Circoncisione del Bambin Gesù di Simon Vouet del 1623, attribuita al Procaccini; Santa Rosa attribuita al Simonelli della Scuola di Luca Giordano.

Chiusa al culto dalla metà degli anni 60 del secolo scorso, la chiesa di Sant’Angelo a segno – dopo un restauro conservativo – è ora adibita a teatrino rionale.


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