“Cornuto”, lo sappiamo tutti, è come viene, da sempre, definito un uomo che è stato tradito dalla moglie o dalla fidanzata. A Napoli, addirittura, è una delle offese più gravi e sentite che si possono rivolgere a una persona perché, anche chi effettivamente sa di non esser stato tradito, si sente profondamente offeso nella sua virilità o nella sua immagine. Perché le “corna” sono usate in un’accezione così negativa? Perché implicano tradimento?
Eppure le corna, in età antica, erano segno di forza e vigore: molte civiltà adornavano gli elmi dei guerrieri più celebri con corna, di cervo o di bue, proprio per indicare le loro doti e la loro potenza. Forse l’essenza dell’offesa va ricercata nelle abitudini sessuali di alcuni animali. Le capre femmine, ad esempio, cambiano molto facilmente partner e, visto che i maschi dispongono di corna vistose ed ingombranti, la metafora fra i poveri animali ed i mariti traditi potrebbe essere più che evidente. A confermare questa tesi si aggiunge anche che gli esemplari maschili delle capre vengono anche chiamati “becchi” e in alcuni dialetti, ad esempio quello toscano, chiamare “becco” un uomo equivale a dargli del “cornuto”.
Un’altra origine è più storica e proviene dall’antica Costantinopoli di un millennio fa. Si racconta che l’imperatore bizantino Andronico Comneno, vissuto dal 1120 al 1185, fosse solito frequentare mogli e donne dei suoi sudditi. Per rendere note le sue conquiste amorose, non contento, appendeva per la città le teste dei cervi che cacciava. Insomma, Andronico potrebbe essere stato il primo a “mettere le corna”, nel vero senso della parola, ma quel che è certo è che i tradimenti e i “cornuti” esistono da sempre. Come scriveva ironicamente Totò:
“‘0 stesso Adamo steva ‘mparaviso,
eppure donna Eva ll’ha traduto.
‘ncoppa a sti ccorne fatte nu surriso,
ca pure Napulione era cornuto!”.