Still in Life: l’opera di Raffaela Mariniello tra morte e rinascita


È un’esposizione che tocca vari rami dell’arte, quella di Still in Life. Un’esposizione che lascia un segno indelebile, come la ferita inferta dall’incendio di Città della Scienza, circa un anno fa. Ferita in parte rimarginata, in parte viva, sofferente, aperta. Ferita che, ad un minimo tocco, come può essere il genio di Raffaela Mariniello, riporta alla mente quei ricordi e, al tempo stesso, la voglia di andare avanti, e di continuare a lottare per la cultura. Quello della fotografa napoletana è un lavoro sensibile, attento alla società, ai suoi bisogni, alle sue richieste, ai suoi problemi.

Un’istallazione, un lightbox e un video, i protagonisti della mostra.

Framevideo

La prima opera è un frame del video riportato alla concretezza. C’è qualcosa di accartocciato, di maltrattato, eppure di artistico, su quella parete. L’artista ha trasportato ciò che è effettivamente presente a Città della Scienza, per mettere lo spettatore a contatto con ciò che non può vedere, offrendogli la possibilità di una reazione quanto più reale possibile.

Il lightbox cattura l’attenzione, prepotente. L’impatto creato è notevole, e sottolinea una delle immagini più cruente del filmato: una scrivania, una sedia, una lampada. E poi un computer, completamente deformato dal fuoco. Tutto in ordine, eppure tutto distrutto. Il tempo che si è fermato a quella notte, in uno sprazzo di quotidianità.

Il video, realizzato con Giacomo Fabbrocino e  girato tra le macerie di Città della Scienza è informativo, lento. Si cerca la riflessione, e la camera si sofferma sui particolari, sulla devastazione, anche in modo maniacale. È un’agonia: prolungata, voluta, cercata.  La tastiera del computer, compromessa dall’incendio, viene analizzata in religioso silenzio. L’auditorium è vuoto, immerso in un’angosciante quiete: prima vi era la platea, e l’indisturbata idea di aggregazione. Dopo, il vuoto. Da un armadio, contemplato dal basso verso l’alto, si intravedono sagome di profili umani. Come se, ad andare in fiamme, non fosse stato solo il complesso architettonico o i materiali di studio, ma anche la società napoletana, i cittadini, la loro anima.

Il sonoro è della realtà: gli interminabili silenzi non distraggono lo spettatore, e lo portano a concentrarsi esclusivamente su ciò che egli sta vedendo. La plasticità degli oggetti ormai distorti, rimandano al senso artistico esplorato dalla Mariniello, alla ricerca, forse, di una loro più dignitosa morte.

Framevideoauditorium

Tuttavia, dai vetri rotti, si intravedono le luci della città. La notte passa, e con la luce del sole, Città della Scienza si illumina. Il vento s’insinua tra gli edifici, gli oggetti si muovono, come a prendere vita. Si avvertono dei rumori, uno tra tutti il mare, che con le sue onde, è simbolo della rinascita. Persino un’ombra è presente tra le macerie, un vero e proprio cenno di vita, una presenza reale e concreta all’ interno di un luogo che avrà la possibilità e la forza di rinascere.

Raffaela Mariniello ha ricreato, con questo lavoro, l’aggregazione che manca nella sequenza dell’auditorium distrutto. Ha restituito la memoria comune di ciò che è stato, e l’idea di un nuovo progetto collettivo: la seconda vita di Città della Scienza. Un intento realizzabile nella consapevolezza di ciò che l’ha distrutta, del dolore che ha provocato, e della volontà di cui ci si deve armare per andare avanti. Trovando, grazie all’arte, un senso al passato, ma anche e soprattutto al prossimo futuro.


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI