Claudio Mattone, l’autore di ‘A città ‘e Pullecenella sullo scudetto del Napoli: “Non si può vivere di murales e pizze fritte”

Claudio Mattone, autore di "'A città 'e Pullecenella", dice la sua sulla lunga festa scudetto a Napoli


Claudio Mattone, celebre compositore e paroliere napoletano, ha affidato ai social il suo pensiero sul clima di festa che Napoli vive da settimane sull’onda della vittoria in campionato: un’idea che ha suscitato opinioni contrastanti e qualche critica.

Claudio Mattone, poeta critico di Napoli. Dai successi con Di Capri  a “Scugnizzi”

Una lunga festa che ha colorato le strade del capoluogo partenopeo e della provincia, cominciata settimane prima che il Calcio Napoli fosse matematicamente campione d’Italia, il 4 maggio, complice l’ampio vantaggio in classifica. Un entusiasmo coinvolgente che non accenna a scemare: sono ancora negli occhi di tutti le immagini della città colorata d’azzurro domenica scorsa in occasione della premiazione del Calcio Napoli allo Stadio Maradona. Festeggiamenti che hanno valicato i confini cittadini, portando le immagini di Napoli in giro per il mondo, una città che vive nuovamente il suo riscatto grazie al calcio, com’è stato 33 anni fa. Stavolta, con una serie di positive ricadute economiche e turistiche sotto gli occhi e gli obiettivi delle telecamere di tutto il mondo.

Claudio Mattone è un profondo conoscitore della realtà partenopea, un intellettuale d’altri tempi oltre che autore musicale di successo. Sono suoi i versi del brano “‘A città ‘e Pullecenella”, ma la sua carriera comincia negli anni ’60 con “E’ sera” di Peppino Di Capri. Ha scritto versi immortali della musica italiana: “Il cuore è uno zingaro”, vincitrice a Sanremo, oltre a tanti successi di Eduardo De Crescenzo tra i quali la celeberrima “Ancora”. Ha firmato successi per Renzo Arbore, Renato Carosone, Nicola Di Bari, e i brani che fanno da colonna musicale all’opera “C’era una volta… Scugnizzi”.

Mattone scrive un brano-inno per Napoli, ma ammonisce: “Questo non è un riscatto sociale per la città”

Il pensiero di Claudio Mattone sulla festa scudetto del Napoli è stato di indubbia contentezza: a tal punto che sui social ha lanciato un invito pubblico a partecipare alla registrazione del brano “Napule Mia”, un inno alla città ed alla squadra campione d’Italia cantato da Sal Da Vinci e da oltre 1200 voci presenti nella platea del Teatro Augusteo che hanno risposto all’invito. Un brano, il cui ricavato andrà in beneficenza all’Orchestra dei Quartieri Spagnoli.

Ma ha anche lanciato un’allerta su questi festeggiamenti “prolungati”: “Direi ai miei compaesani: godiamoci ancora oggi ‘sta festa e poi calmiamoci un poco! Che ne dite? Non è che poi ci abituiamo a festeggiare e ci disabituiamo a vivere?“. Un post che ha suscitato tante reazioni di approvazione, ma anche diverse critiche che hanno snobbato l’atteggiamento smorzante del paroliere napoletano: ciò che viene messo in risalto è principalmente lo spirito di gioia della gente di Napoli, che la distingue nel mondo e che ha trovato espressione in queste settimane di festa. Un carattere allegro da sempre etichetta dei partenopei, che appare indipendente dai risultati sportivi.

La preoccupazione di Mattone: “Non si può vivere all’infinito di murales, bandiere e pizze fritte”

Tanto che Mattone è dovuto tornare, sempre a mezzo social, sull’argomento per chiarire la propria posizione: “Ma certo che le feste sono importanti, ci mancherebbe altro! Dico solo che non si può vivere all’infinito di murales, bandiere e pizze fritte“, è stato il pensiero di Mattone. “Il pericolo è che si confonda un meraviglioso evento sportivo con un riscatto sociale e politico della città, il che purtroppo, mi spiace dirlo, non è. Insomma godiamoci la festa, ma non perdiamo la testa!

Un pensiero chiarito e, stavolta, condiviso da tanti fan ed amici dell’autore che da sempre legge la città di Napoli con occhi ammirati e malinconici. Quella stessa malinconia e desiderio di scacciare i luoghi comuni che attanagliano la città di Pulcinella, così come espresso nel famoso brano, per cercare un riscatto sociale totale e definitivo che non sia legato soltanto agli stereotipi e ai successi sportivi.


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