Raspadori rivela: “Mi cercava la Juventus ma volevo giocare per il Napoli”

Raspadori racconta la sua avventura al Napoli


Giacomo Raspadori è una delle note liete della difficile stagione del Calcio Napoli di quest’anno. La seconda punta azzurra ha sempre risposto presente quando chiamato in causa ed è uno degli idoli dei tifosi. L’ex Sassuolo attualmente in diciannove partite ha siglato quattro gol e messo a referto due assist, diventando spesso e volentieri il dodicesimo uomo del Napoli.

Le parole di Giacomo Raspadori a La Gazzetta dello Sport

L’attaccante si è reso protagonista di un’intervista uscita nella giornata odierna sulla Gazzetta dello Sport. Il calciatore tra i vari argomenti che ha trattato è partito raccontando la trattativa con il Napoli: “Sin da subito essere qui è stato un motivo di orgoglio. Mi avevano cercato Juve, Milan, Inter ma volevo giocare giocare nel Napoli, anche per la storia dei calciatori, vorrei ricordare solo Maradona e Juliano, che hanno indossato questa maglia. Io sono ambizioso e sapevo che questo era il luogo giusto: dopo il magnifico tempo trascorso al Sassuolo, avevo bisogno di uscire dalla mia comfort zone, di lottare per uno scudetto e nelle coppe internazionali. All’inizio è stato strano, ma qui c’è energia, si vive la gioia di vivere e si percepisce una passione per il calcio che è febbre e amore vero, collettivo, quotidiano. Sono felice, qui”.

Raspadori in azione

Questa stagione non è iniziata sotto una buona stella ma Raspadori non tira i remi in barca: “Non credo ci sia qualcosa di particolare. Penso sia fisiologico, dopo la vittoria dello scudetto. Non è un alibi, ma l’anno scorso è stato emotivamente dispendioso, non siamo abituati a vincere, non abbiamo sempre la cattiveria che discende da quella convinzione. Dobbiamo ritrovarla, ci stiamo lavorando. Siamo una grande squadra. Non possiamo e non dobbiamo dimenticarlo mai”.

Le parole in ricordo dello Scudetto: “Era nell’aria, quell’energia ci sospingeva. La città fibrillava, e noi con lei. E’ stata una vittoria della squadra, dell’allenatore, della società. Ma anche di tutta la città: si percepiva un desiderio comune, un’attesa vissuta in ogni casa che poi è diventata gioia collettiva”.


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