La canzone di Elio a Sanremo 2016 parla anche di Napoli: qual è il suo significato?


Ieri sera, durante la seconda serata del Festival di Sanremo 2016, si sono esibiti – rigorosamente vestiti di rosa – anche Elio e le Storie Tese con il brano “Vincere l’odio”, assurdamente composto da 7 ritornelli. L’esibizione, con l’orchestra diretta dal partenopeo Beppe Vessicchio, si è contraddistinta per la particolare scenografia, dove sono apparsi un disegno del Golfo di Napoli con il Vesuvio e una celebre foto di Maradona, quella che riprende il numero 10 di spalle, quando è stata cantata la strofa/ritornello riguardante un femminello napoletano: si tratta di una strofa di non semplice interpretazione, ma che, al contrario, può dar luogo a differenti letture. Vediamo tutto il testo della canzone:

Se mi guardi con quel sguardo dentro agli occhi
Io ti sfido a innamorarmi di te
Ma due occhi per sguardarsi sono pochi
Per amarci ce ne vuole almeno tre
Ce ne vogliono tre

Femminiello che vivi a Napoli
Coi problemi presenti a Napoli
Femminiello di una metropoli sul mare chiaro
Femminiello ma quanti ostacoli
Nel tuo cuore disperso a Napoli
Per fortuna che poi c’è il Napoli
Al San Paolo di Napoli

San Paolo, San Paolo, convertitoti nei pressi di Damasco
San Paolo, San Paolo, quante lettere scrivevi tu
San Paolo, San Paolo, ebreo ellenizzato di Tarso
San Paolo, San Paolo, per fortuna che il Signore ti è apparso
Perché tu perseguitavi i cristiani
E giustamente lui ti ha detto stop stop stop

Sto partendo con il treno per andare a Kathmandu
Dove ti sei trasferita per fondare una tv
Che trasmette televendite di vini calabresi
Che in Nepal vanno forte ma li fanno a Kathmandu
Quanto è bella la Calabria, quanto che sei bella tu

Tubero che mediti tranquillo sotto terra
Finché c’è una mano nerboruta che ti afferra
Tu dici «No no no », poi dici «Forse forse forse»
Poi ti lasci prendere
E ti abbandoni a questo mio pelapatate
Accompagnato dal tuo amico topinambur

Topinamburbera, sedicente burbera
Chi l’avrebbe detto, nascondevi un cuore d’oro
Sotto a quei 90 chili di burbera
Non cambiare mai burbera
Energumena, accarezzami lo sterno

Cantando questa canzone brutta
Brutta da cantare se vuoi
Sarà pure brutta però a me mi piace
Canzone brutta
Sarà capitato anche a voi
Di avere una canzone in testa
Brutta
Brutta.
E il messaggio che noi qui vogliam comunicar con questi ritornelli è:
Vincere l’odio

È prima di tutto evidente che il messaggio della canzone, esplicitato negli ultimi due versi, è quello della necessità di “vincere l’odio”. Alla luce di ciò, la strofa sul “femminello” potrebbe rappresentare la condizione di isolamento di chi ha un’identità sessuale spesso non accettata dalla società: ma perché utilizzare proprio il femminello napoletano, il quale è una figura ben precisa della tradizione popolare partenopea e non, lo ricordiamo, un semplice sostantivo per indicare un omosessuale? A Napoli il femminiello, infatti, è un uomo che si veste e che sente da donna, largamente accettato e trattato con benevolenza, al punto di essere espressamente richiesto alla nascita di un bambino affinché lo prendesse in braccio, un gesto che avrebbe portato fortuna al nuovo nato per il resto della sua vita. La parola femminello, perciò, in ambito partenopeo è totalmente privo di qualsivoglia accezione dispregiativa.

Elio e le Storie Tese, dunque, potrebbero aver preso a modello il femminello partenopeo quale simbolo di tolleranza, probabilmente ben conosciuto dallo stesso Elio, uomo di vasta cultura cui sarà capitato di leggere La pelle di Curzio Malaparte o guardarne l’eccellente trasposizione cinematografica di Liliana Cavani, dove appare proprio ‘o femmeniello. La città partenopea è stata la prima in Italia a trascrivere un matrimonio tra due persone dello stesso sesso (atto poi annullato dalla magistratura) ponendosi come baluardo dell’amore in tutte le sue forme. Napoli è stata poi il pretesto per collegarsi a San Paolo, persecutore dei cristiani che dopo la conversione è divenuto egli stesso martire, tuttavia non manca qui – forse – una vena di polemica nei confronti di costui, a causa delle posizioni espresse nelle proprie lettere, in particolar modo contro le donne (è nota la misoginia di San Paolo). Alla violenza sulle donne sembra ispirata la quinta strofa, nella quale il “tubero” appare un chiaro riferimento all’organo sessuale femminile, la “mano nerboruta” rappresenterebbe il maschio violatore, mentre il pelapatate che compariva sullo schermo durante l’esibizione ricordava le sembianze di un profilattico. Un po’ troppo forzata, anche se non da buttare, una presunta intenzione di Elio di richiamare molto alla lontana la questione dei cori antinapoletani negli stadi d’Italia, un’altra manifestazione di odio di cui è auspicabile la scomparsa.

Secondo un’altra lettura, invece, mentre il ritornello su Napoli singolarmente estrapolato non presenterebbe problemi, il testo considerato invece nel complesso lascerebbe emergere un pregiudizio, assolutamente involontario e inavvertito dal gruppo. In primo luogo non è detto che Elio e le Storie Tese conoscano la reale figura del femminello, e il verso “Con i problemi presenti a Napoli” potrebbe costituire il segnale che la città sia stata presa come l’emblema dei problemi italiani, tra i quali appunto l’intolleranza verso gli omosessuali.

È in ogni caso assodato come il processo e i “segreti” che si trovano dietro la scrittura del testo siano conosciuti soltanto da chi l’ha scritto, al di là di ogni possibile e anche interessante riflessione sulla canzone, la quale ha raggiunto il proprio scopo primario, che era quello di far parlare di sé, di abbattere l’indifferenza. Data la goliardia che contraddistingue Elio e i suoi ragazzi, poi, può ben darsi che il testo sia stato scritto velocemente senza far troppa attenzione alle parole, e che noi siamo adesso qui a farli ridere leggendo le nostre congetture.


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