La Rivolta di Gioia Tauro: “Non vogliamo armi chimiche al porto” Paura anche in Campania


Continua ad opporre resistenza la cittadina di Gioia Tauro che, nella giornata di ieri, ha scoperto di essere stata scelta tra le tante località papabili come quella indicata al trasbordo delle armi chimiche siriane dal cargo danese alla  nave statunitense che si occuperà della distruzione  in mare aperto.

Una notizia veramente indigesta per tutta la cittadinanza e soprattutto per i lavoratori del porto che hanno minacciato di scioperare. Il primo cittadino ha annunciato che si sta valutando la possibilità di emettere un‘ordinanza per chiudere il porto e renderlo così impraticabile, mentre gli esponenti politici stanno facendo un passo indietro per non assumersi alcuna responsabilità.

La preoccupazione insomma diventa sempre più palpabile non solo per la Calabria, ma anche per tutte le regioni confinanti. Si tratta infatti di potenti armi chimiche le cui conseguenze, in caso di dispersione, si abbatterebbero anche in Campania.

Il presidente della regione Calabria cerca di sedare gli animi annunciando che non si può dare vita ad une guerra civile ma che bisogna risolvere il problema con calma e diplomazia. In ogni caso i lavoratori portuali hanno già annunciato di non essere minimamente intenzionati a toccare i container contenenti le armi.

Il ministro degli esteri Emma Bonino ha pensato bene di intervenire scatenando un‘altra polemica: «Il sindaco di Gioia Tauro forse non ha tutte le informazioni: nel 2013, il porto ha gestito 29.802 tonnellate, su 1.508 container, di sostanze tossiche categoria 6.1, che è la stessa di quella del materiale in arrivo dalla Siria, cioè 560 tonnellate di puro trasbordo».


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