Donna uccisa a Melito. Un’affiliata che si sentiva “uomo”


La donna torturata e poi sepolta a Melito è Giovanna Arrivoli. In realtà, negli ambienti frequentati dalla donna, non la chiamavano così, ma con pronomi maschili, come “isso”. Si, perché Giovanna si sentiva stretta nell’identità femminile imposta dalla natura. Lei era un uomo. Fino al punto di farsi asportare completamente il seno con un intervento chirurgico. Non siamo abituati a parlare di transessualità in questo caso, ma si tratta proprio di questo. Le donne sono, comunemente, più restie ai cambiamenti totali, estremi e pure Giovanna era diventata un vero e proprio uomo, fino all’ultimo tratto esteriore.

E come un uomo era trattata negli ambienti della camorra napoletana: la donna era vicina al clan degli scissionisti, gli Amato-Pagano, i quali frequentavano quotidianamente il bar da lei gestito, il Blue Moon, a Scampia.

A quanto pare il bar in questione, oltre ad essere luogo di spaccio rinominato, era anche roccaforte del clan, presso il quale si decidevano le sorti di chi sbagliava e si gestivano le attività.

La camorra trattava Giovanna come si trattano gli uomini, con le stesse parole, gli stessi modi e lo stesso rispetto. Fino all’ultimo, poiché come un uomo che si meritava una lezione è stata sepolta dopo essere stata torturata. Una scelta brutale, come per punire un vecchio camorrista.

Non si conoscono, attualmente, i motivi che hanno portato al suo assassinio, ma sono, ovviamente, tutti da ricercare nelle dinamiche e le faide che connotano gli ambienti di camorra, quelli recenti, quelli in cui le logiche sono cambiate e anche le personalità.

Quello che si sa è che con i suoi carnefici Giovanna aveva un appuntamento.


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