Professore napoletano spiega la filosofia attraverso le Serie Tv ed i selfie


Ischia – Le Serie TV, specialmente quelle delle grandi case americane, sono diventate ormai un fenomeno di massa: c’è sempre più cura in queste produzioni, sempre più talento e, sopratutto, sempre più investimenti. Si può dire che i prodotti “a episodi” stanno letteralmente soppiantando i lavori cinematografici ed in Italia, principalmente fra i giovani, la moda delle serie TV prende sempre più piede. Escludendo serie comiche o incredibilmente commerciali, possiamo notare anche un’altra cosa: produzioni come Breaking Bad, Lost o Dottor House nascondono ben più del semplice intrattenimento, cercando di trasmettere qualcosa. Nelle avventure di Walter White, protagonista di Breaking Bad, possiamo notare come da docente pacato di chimica scivoli verso l’abisso della criminalità e del “male” per un cancro, mentre per i naufraghi di Lost la vita è una continua miscela di esoterismo, religione e scienza.

Un professore di filosofia di un istituto superiore di Ischia, Tommaso Auriemma, ha compreso bene sia il mordente di queste opere sui ragazzi, sia la loro reale profondità. Così, ha trovato il modo di rapportare le Serie Tv più importanti e ben scritte alla materia che insegna ogni giorno, arrivando a risultati incredibili. I suoi alunni apprendono attenti ed in religioso silenzio i discorsi di Platone e la “Critica alla Ragion Pura” di Kant perché vengono loro raccontati attraverso le epopee degli eroi che hanno amato alla Tv: la tragedia di Walter White diventa una riflessione su Platone, il cinismo di Dottor House si mischia a quello di Diogene.Breaking Bad

“Questo approccio li ha spiazzati, in un certo senso. Perché pensare con le serie tv significa anche cambiare il loro abituale modo di fruire prodotti che sono parte della loro quotidianità – spiega Auriemma su Repubblica – L’obiettivo è quello di mostrare che la filosofia non è un sapere polveroso e distante dalla nostra vita, ma una disciplina in grado di interrogare il presente. Anche attraverso l’esame delle icone dell’immaginario popolare”. Non sfugge all’appello dei fenomeni di massa anche un’analisi sui selfie, sempre più dilaganti. Il docente non li vede come un male, ma come un processo che va compreso a pieno: “Un fenomeno che non va demonizzato, ma pensato criticamente con gli strumenti della filosofia. Perché in fin dei conti il selfie non è che una riproposizione, certo un po’ inquietante, del socratico “conosci te stesso””.


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